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Il Timone di San Nicoletto e il naufragio del XIX secolo

di Luigi Fozzati
responsabile di Nausicaa, Nucleo Archeologia Umida Subacqueo Italia Centro Alto Adriatico
 

pubblicata su "Laguna Mare" anno 2 n. 3 - giugno /luglio 2002 - pp. 26-27
per gentile concessione del Direttore Responsabile Sebastiano Giorgi

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Le lunghe passeggiate sulle deserte spiagge del Lido durante l'inverno possono riservare talora piacevoli sorprese: così è stato per Luigi Divari alla fine di dicembre del 2000, quando scopre un manufatto in legno abbandonato dal mare sul bagnasciuga.

Lo strano oggetto, visibile solo con la bassa marea, si rivela subito essere un timone d'eccezionale fattura e stato di conservazione.

La Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto viene tempestivamente avvertita e il nucleo specializzato Nausicaa di Venezia dà inizio alle operazioni.

Per prima cosa viene eseguito un sopralluogo di verifica sulla spiaggia di San Nicoletto: la scoperta viene certificata, in altre parole la segnalazione è buona e il reperto risulta essere d'interesse archeologico.

A parte evidenti segni di "strappo" dovuti probabilmente all'aggancio del relitto da parte di una turbosoffiante, il reperto si presenta integro.

In attesa di organizzare le operazioni di recupero del timone, la spiaggia viene monitorata dal 31 di dicembre al 1 gennaio al fine di scoraggiare eventuali azioni di danneggiamento; alle operazioni di recupero sono chiamati a collaborare i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Venezia (gruppo natanti e nucleo sommozzatori).

I lavori hanno inizio il giorno 2 gennaio 2001 e consistono nel rilievo topografico dell'area del timone, nello scavo e nel recupero del reperto

Tuttavia, il lavoro, in apparenza semplice, si rivela ben più complesso a causa della mole del timone, che, con la sua lunghezza di circa 8 m, raggiunge i 1000 chili di peso così com'è inzuppato d'acqua.

Grazie alle attrezzature in dotazione, i tecnici di Nausicaa (L. Fozzati e F. Dossola) e i Vigili del Fuoco di Mestre (nucleo sommozzatori: capo reparto L. Lisatti, capo squadra L. Maniero, vigili permanenti L. Tagliaferro e M. Grandelis), e del Distaccamento Lido (F. Medoro, F. De Zanchi, A. Pianon, D. Camuffo, S. Beghin) riescono a liberare il reperto dalla sabbia e, agganciato a palloni di sollevamento, a farlo galleggiare fino a raggiungere la motobarca da 30 m che attende dal mattino di caricare il timone.

A questo punto entra in scena la terza squadra dei Vigili del Fuoco, ovvero il personale dell'unità marittima (R. Bonini, C. Frizzotti, E Caretto, A. Marcoleoni, M. Benedetti e A. Pecchiari) che, con tre imbarcazioni, consentono di trasferire dalla spiaggia di San Nicoletto fino all'interno dell'Arsenale di Venezia il timone.

L'operazione, iniziata alle 8 del mattino termina alle 8 di sera: dodici ore di lavoro per 20 operatori.

Il recupero ha goduto dell'assistenza anche dell'ispettorato Regionale dei Vigili del Fuoco (S. Zampieri del Centro Documentazione Video), del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, della Stazione Carabinieri del Lido, della Capitaneria di Porto e del Consorzio Venezia Nuova (Dott. M. D'Agostino e mezzi cingolati).

Grazie alla disponibilità dell'Ammiraglio Paolo Pagnottella, Comandante dell'istituto di Studi Militari Marittimi e del Presidio Militare, e alla collaborazione del Capitano di Fregata Franco Calzavara, il timone di San Nicoletto è ospitato in un locale dell'Arsenale, dove è monitorato da Nausicaa in attesa di avviare le operazioni di restauro.

La scoperta di Luigi Divari pone senz'altro il problema di quale sia il relitto cui il timone appartiene; le ricerche, fatte dallo stesso Divari, da Ugo Pizzarello e da altri studiosi, conducono a una doppia possibilità stante la fattura del reperto che rinvia a una datazione non anteriore al XIX secolo: o una nave militare inglese affondata nel dicembre del 1861 all'ingresso del porto di San Nicolò o un'altra nave sempre inglese affondata nello stesso anno ma all'interno del porto di San Nicolò.

In entrambi i casi si tratterebbe comunque di un brigantino.

Importante potrebbe anche risultare un avviso ai naviganti del 4 gennaio 1861 che così testualmente recita: "Nella foce del porto di Lido di Venezia, detta comunemente preti, frati, muneghe, trovasi sommerso lo scafo di un brigantino, alcune parti del quale ancora sporgono fuori dell'acqua colla bassa marea"

I dati raccolti costituiscono la molla per programmare nuove ricerche nel tratto di mare antistante la spiaggia di San Nicoletto: a cogliere un meritato successo sono i subacquei del Club San Marco di Venezia presieduto da Giuseppe Ortis.

Gli scopritori del relitto, cui forse appartiene il timone recuperato, sono Andrea Zane, Dama Molin e Mauro Molin che, insieme ad altri soci coordinati da Luigi Zannini, responsabile della sezione archeologia del Club Subacqueo San Marco, prenderanno parte alle indagini già avviate sul relitto del brigantino.

I tre subacquei si sono immersi non a caso, ma in un punto preciso segnalato dal pescatore professionista Angelo Dei Rossi.

Siamo alla fine di ottobre quando viene scoperta un'opera viva di notevoli dimensioni con frammenti di lamina metallica di rivestimento e nel contempo recuperati alcuni reperti consegnati alla Soprintendenza.

Si tratta del brigantino inglese da cui si è staccato il timone? Per rispondere alla domanda la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto-Nausicaa avvia all'inizio di gennaio una ricerca sull'area segnalata dal Club Subacqueo San Marco, affidando i lavori alla ditta specializzata Sitmar Sub di Marghera con la collaborazione dell'archeologo navale subacqueo Marco D'Agostino.

Le ricerche, tuttora in corso, conducono alla scoperta di un relitto di circa 40 metri di lunghezza, del quale gli scopritori avevano intravisto solo parte dell'opera viva.

È il relitto del timone? Forse

Il Lido di Venezia del resto non è nuovo a svelare reperti navali del passato, ma sempre in chiave di giallo archeologico: così è per il "Relitto del vetro" di Malamocco, come per "la" o "le" navi romane degli Alberoni, mai trovate ma delle quali si sono rinvenuti singoli frammenti dopo burrasche invernali.

 

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