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Ma che cos'è questo "caranto?"

Dr. Cesare Rizzetto - Geologo libero professionista

Pubblicato su "VENETO GEOLOGI" 2004 gennaio-marzo pag. 18

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Ogni volta che appare all'orizzonte cittadino un qualsivoglia progetto che va ad interessare l'ambito lagunare, ecco, immediatamente, diffondersi la preoccupazione sulla sorte del "caranto", quasi che la sopravvivenza della città e della sua laguna fossero legate esclusivamente a questo livello del sottosuolo, nel complesso, ancora abbastanza sconosciuto.

Lungi da me l'intenzione di salire in cattedra, il mio desiderio è quello di sintetizzare per il lettore quanto la scienza ufficiale ha elaborato nel corso degli ultimi decenni relativamente alla natura, all'origine, all'età e all'ambiente deposizionale del "caranto".

Mi pare utile ricordare come, particolarmente l'ambiente lagunare, sia caratterizzato da un mutamento continuo la cui velocità, relativamente notevole in termini geologici, varia in funzione di moltissimi parametri.

La laguna che conosciamo ha circa 6000 anni; prima, fino a 11000 anni fa, essa era molto più ridotta perché il livello delle acque dei mari era notevolmente inferiore rispetto all'attuale e vaste aree ora sommerse, erano, invece, emerse. I suoli delle aree emerse, prevalentemente costituiti da argille sabbiose e argille limose, sono rimasti esposti per lunghi periodi all'azione di un clima arido e gelido che ha determinato il loro sovraconsolidamento consistente nell'essicainento e nell' indurimento dei costituenti stessi: si che il "caranto", così come viene chiamato localmente questo livello litologico, si presenta come una argilla limosa o sabbiosa, molto compatta di colore grigio chiaro su cui spiccano delle fiammature ocracee.

Spesso nella sua massa sono inclusi dei noduli calcarei: essi sono il risultato del processo di lisciviazione determinato dalle acque piovane sui carbonati presenti nei materiali costituenti la parte superficiale di codesto paleosuolo.

Nell' intervallo di tempo fra gli 11000 e i 6000 anni fa il clima si addolcisce progressivamente (fine della glaciazione wurmiana), la temperatura media aumenta progressivamente così come il livello delle acque del mare, sicchè la laguna avanza fino a raggiungere i confini attuali.

Il "caranto" scompare sotto i sedimenti che si depositano in un ambiente divenuto lagunare e che costituiscono l'attuale fondale fangoso.

Come la genesi, anche la morfologia del "caranto" è strettamente legata al lungo periodo di emersione; infatti, trattandosi di un paleosuolo che ha un andamento dolcemente degradante verso la costa, esso ha subito per millenni l'azione degli agenti esogeni, prima fra tutte l'erosione delle acque superficiali che hanno scavato nel materiale solchi più o meno profondi, talora asportandolo totalmente per ridepositarlo in siti diversi.

La tesi della continuità spaziale del "caranto", a formare quasi un piastrone di spessore abbastanza omogeneo, non è sostenibile. Essa va sfatata oltre che per la citata azione erosiva anche per il fatto che il sovraconsolidamento si è esercitato solo sulle argille limose o sabbiose, e non è detto che tale composizione risulti uniforme su tutta l'area deposizionale.

Se poi si tiene conto che, a partire dalla conterminazione lagunare, procedendo verso il Lido, la quota assoluta a cui si rinviene il "caranto" passa da circa -2.0 m a circa -7.0 m. e che la profondità di molti canali lagunari (Vittorio Emanuele , Malamocco - Marghera , Giudecca - Porto di Lido, ecc.) viene mantenuta a livelli superiori ai 10.0 m, si ha una ulteriore conferma dell' insostenibilità di detta tesi.

Ciò detto, occorre sgomberare il campo ancora da un'altra credenza molto diffusa e cioè che le palificate su cui poggiano molte antiche costruzioni veneziane siano sostenute dal "caranto".

E' un puro caso che tale livello sia stato raggiunto dai pali che, ricordo, sono di legno, hanno un diametro alla testa di circa 20 cm, una lunghezza intorno ai 3.0 m e venivano infissi con un battipalo manuale.

La loro funzione non era quella di trasferire il carico degli edifici sul livello portante del "caranto", bensì di addensare i fanghi che sovrastano il "caranto" migliorando le loro caratteristiche meccaniche e con ciò aumentandone la capacità portante.

Si può ben dire che sia questa la grande intuizione geotecnìca degli antichi costruttori veneziani.

Il "caranto", pertanto, va considerato come un qualsiasi livello del sottosuolo che reagisce, in rapporto alle sue caratteristiche fisico-meccaniche, alle interazioni che si determinano con il costruito sia esso sovrastante che interno al livello stesso.

 

 

 

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