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Anche in Italia finalmente (ri)nasce l'archeologia navale?
di Carlo Beltrame
pubblicata su "L'archeologo subacqueo" nel numero di Maggio-Agosto del 2002
Se affermando che l'archeologia navale è nata in Italia ci si potrebbe esporre a contestazioni da parte di studiosi stranieri, è lecito perlomeno dire che nel nostro paese essa aveva attecchito molto bene già alla fine dell'800.
Ci riferiamo alla scoperta delle due navi di Contarina e al progetto di recupero, iniziato nel 1928, delle navi di Nemi. Questi relitti vennero portati in salvo con progetti faraonici (perlomeno per le navi di Caligola) e vennero studiati attentamente. Le pubblicazioni degli studi di queste navi sono citate ancora oggi nei manuali sulla storia della costruzione navale sia per la loro qualità che per l'importanza e la rarità dei manufatti.
Il danno della loro perdita &endash; quelle di Nemi sono state distrutte da un incendio durante l'ultimo conflitto mondiale, mentre quelle venete sono state lasciate deperire - è stato in parte arginato dalla realizzazione di modelli in scala, uno strumento significativamente ritenuto oggi tra i più efficaci nella metodologia archeologico-navale.
Nel dopoguerra, però, in Italia si è manifestato scarso interesse per l'archeologia navale. Né le Università né i vari ministeri preposti alla tutela dei beni culturali hanno mai saputo riconoscere alla disciplina quella dignità e quell'autonomia assegnatele da molti altri Paesi. Questo atteggiamento di relativo disinteresse è continuato fino a poco tempo fa.
Negli ultimi tre anni, nel nostro Paese sono stati compiuti alcuni dei ritrovamenti più importanti e sensazionali nella storia dell'archeologia navale. A Pisa, nell'antico porto interrito, sono stati rinvenuti numerosi relitti - il numero esatto non è mai stato reso noto con chiarezza - di navi di età ellenistica, romana e tardo-antica.
Oltre che dal numero delle imbarcazioni, l'eccezionalità della scoperta è data dal livello di conservazione di alcune di esse (basti dire che una barca presenta ancora i banchi di voga ) e dalla varietà delle tipologie (barca a remi, nave da carico, imbarcazione fluviale ecc.). Caratteristiche queste che, se ben indagate, potranno permettere di acquisire molte preziose informazioni.
Di grandissimo richiamo è stata anche la campagna di scavo sul sito della galea e della barca a fondo piatto trecentesche reimpiegate nell'antico monastero dell'isola sommersa di San Marco in Bocca Lama a Venezia.
Il cantiere di scavo, delimitato da un palancolato che ha permesso di mettere a secco una vasta area lagunare, è stato visitato da giornalisti di tutto il mondo. La galea, in ottime condizioni, rappresenta un unicum, ma interessante è anche la barca a fondo piatto, l'unica imbarcazione del genere di età medievale conservatasi.
Molto minore risalto "mediatico" ha avuto invece la scoperta ad Olbia di almeno dieci relitti di navi romane e di sei relitti di imbarcazioni dei secc. XIII-XIV. C'è da chiedersi se la volontà della Soprintendenza competente di tenere lontani i giornalisti, almeno fino a poche settimane fa (leggo ora sulla rivista "Oggi" un breve articolo sullo scavo ), sia una scelta positiva.
Si è voluto forse evitare il rischio delle polemiche scaturite dalla gestione del cantiere di Pisa o invece, saggiamente, non ci si è voluti far prendere la mano, diversamente che altrove, dal desiderio di protagonismo? E' un dato di fatto, comunque, che le informazioni relative a questo scavo sono purtroppo tutt'ora, a quasi tre anni dal suo inizio, molto scarse.
Assai interessante è anche il recupero di una barca di età tardo-antica effettuato ai piedi del Mausoleo di Teodorico a Ravenna, poiché si tratta di uno scafo in buone condizioni e utile alla comprensione dell'evoluzione della costruzione navale che portò all'attuale metodo di costruzione su scheletro.
Scartando lo scavo di Venezia, che non è stato finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali bensì da altri enti, e gli altri cantieri citati, non essendo di ambiente sommerso, è possibile concludere che queste scoperte hanno sicuramente distolto attenzione e risorse economiche dal settore dell'archeologia subacquea, settore che, come più volte scritto in questa sede, meriterebbe un maggiore e più serio impegno da parte del dicastero competente.
Se questi cantieri sono stati allestiti per far fronte a situazioni di emergenza (ad esclusione ancora una volta di Venezia), non mancano progetti di ricerca a lungo termine, peraltro rari. Uno è promosso dalla Soprintendenza Archeologica di Ostia e riguarda lo studio e la divulgazione, via internet, delle navi conservate nel museo delle navi romane di Fiumicino.
Un altro è portato avanti con continuità dalla Soprintendenza del Friuli Venezia-Giulia, con il coordinamento di NAUSICAA di Venezia, e riguarda il restauro e lo studio ricostruttivo della nave del II sec. d.C., recuperata nel 1999, al largo di Grado. Sebbene lo studio sia già a buon punto (non altrettanto si può dire del restauro), i tagli ai finanziamenti hanno bloccato un progetto che dovrebbe portare anche alla tanto attesa apertura del Museo di Archeologia Subacquea.
Un progetto di enorme portata è in cantiere ad opera della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto. Quest'ufficio infatti, grazie anche all'annunciata sponsorizzazione, da parte dell'Autorità Portuale di Venezia, di 250 milioni di lire, intende costituire un comitato scientifico internazionale di esperti in vari settori per valutare l'opportunità e le eventuali modalità del proseguimento del progetto di recupero delle navi di San Marco in Bocca Lama.
Tra questi specialisti vi sarebbero anche Fred Hocker, Eric Rieth e Yaacov Kahanov che, nel corso della campagna di scavo dell'estate 2001, hanno avuto l'opportunità di visitare il cantiere, di esprimere la loro opinione e di offrire i loro consigli che ci auguriamo vengano recepiti.
Il nuovo impegno dell'Università
Sulla scia di un nuovo interesse del pubblico per l'archeologia navale e la storia della marineria in genere, a cui hanno contribuito ovviamente anche le recenti scoperte, si sta iniziando a muovere anche il mondo dell'Università. La riforma universitaria e la "libera concorrenza" tra gli atenei sta portando ad un proliferare di nuove proposte in ogni settore, sia sotto forma di semplici insegnamenti sia di corsi di laurea. Finalmente si sta, in parte, sanando la quasi totale e ingiustificata mancanza di considerazione che l'Università italiana riservava, fino a pochi mesi fa, all'archeologia navale e alla storia della navigazione in genere.
L'interesse accademico si è manifestato con maggiore evidenza nell'ateneo di Venezia. Qui nel dicembre 2000 è stato organizzato il IX International Symposium on Boat and Ship Archaeology (ISBSA), il più importante convegno del settore, giunto per la prima volta nel Mediterraneo; oltre al già esistente corso in "Archeologia subacquea", inserito ora all'interno del corso di "Metodologie della ricerca archeologica" per la laurea triennale, è stato attivato il primo insegnamento di "Archeologia marittima" (di cui si dirà sotto) per la laurea specialistica in archeologia. A luglio infine partirà un corso di formazione in "Metodologia e tecnica in archeologia navale", una novità assoluta per l'Italia.
Inoltre, un insegnamento di Archeologia navale, accompagnato da un corollario di altre discipline (ad esempio dendrocronologia), sta per essere aperto nel nuovo corso di laurea triennale in Archeologia subacquea, ora appena attivato nella Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell'Università di Viterbo.
Se per l'archeologia navale, a livello didattico - non direi la stessa cosa invece a livello di ricerca - l'Università sta facendo le sue prime proposte, quasi nulla sembra muoversi nel settore storico, fino ad oggi coperto da un solo insegnamento, a Genova, di storia marittima. Un corso però potrebbe partire a Viterbo, a fianco di Archeologia navale. Appare ovvio che, anche nel campo nautico, gli studi archeologici non possono non confrontarsi con l'ambito prettamente storico.
I progetti di ricostruzione
Altro fenomeno che sta facendo notizia è la moltitudine di proposte, di progetti o di realizzazioni di repliche di navi antiche. Un esempio è la costruzione ipotetica delle nave protostorica raffigurata sulla stele di Novilara. Uno dei progetti consiste nella ricostruzione di una nave di Nemi, di cui si sono già assemblati la chiglia e la ruota di prua che fanno bella mostra sul piazzale del museo del lago.
Per elencare le idee non basterebbero queste pagine. Ricordo comunque che a Venezia si parla della ricostruzione della Bucintoro, che a Genova si vorrebbe costruire una galera, che ad Amalfi si sta pensando alla realizzazione di un dromone, ecc.
Una situazione paradossale
L'archeologia navale in Italia è in una situazione paradossale e confusa, forse però tipica della gestazione di una "nuova" disciplina. La contraddizione non sta tanto nel fatto che da una quasi totale assenza di cantieri di scavo di navi si è passati alla contemporanea presenza di ben tre cantieri di enormi dimensioni.
Ciò è dovuto al caso che ha voluto che interventi di opere civili costringessero a mettere mano a siti con relitti di antiche navi.
Il paradosso sta piuttosto nel fatto che ad una modestissima attività di ricerca, dovuta in buona parte alla quasi totale assenza di progetti di studio e all'ancòra troppo recente apertura delle indagini sui relitti sopra menzionati, si contrapponga un fiorire di progetti di ricostruzione, ossia di archeologia sperimentale.
La metodologia normalmente applicata in questo settore (si veda, solo come esempio, la Danimarca), presuppone infatti che la ricostruzione della nave sia l'ultima fase di un lungo progetto di documentazione, analisi e studio ricostruttivo teorico, effettuato con tutti i dati disponibili.
Nel nostro paese invece qualcuno, più intenzionato a proporre accattivanti riproduzioni degne di Disneyland che sperimentazioni scientifiche, ma, malgrado ciò, ben finanziato con denaro pubblico, ritiene meno faticoso e più gratificante saltare i primi passaggi per arrivare subito alla nave, magari in vetroresina e bulloni d'acciaio
Ma il paradosso non risparmia neppure il mondo accademico, se è vero che all'incredibile assenza di un insegnamento di archeologia marittima o navale ha risposto l'attivazione di un corso di laurea triennale strutturato in ben tre indirizzi cronologici. Se da un lato non si può che ammirare l'intraprendenza dei promotori di questa iniziativa, dall'altro c'è da chiedersi se non sia prematuro partire senza una sperimentazione dell'attivazione della materia e senza un'attenta valutazione delle concrete possibilità occupazionali per una schiera numerosa di futuri giovani operatori-archeologi navali (176 iscritti al secondo anno!). Ad esempio, non va dimenticato purtroppo che nel cantiere di Pisa non si è voluta accettare, neppure a titolo gratuito, la presenza di uno specialista quando invece ne sarebbe stato utile almeno uno per nave.
Necessità di programmazione, di coordinamento e di una metodologia adeguata allo standard estero
L'amministrazione ha recentemente dimostrato la sua sensibilità verso la tutela delle navi antiche stanziando cospicue risorse economiche per i cantieri di Pisa e di Olbia, mentre si spera che abbia un ripensamento al taglio inflitto al progetto di Grado, che, fino al 2001, era stato adeguatamente e regolarmente finanziato.
A questo punto però è necessario che queste risorse vengano spese sulla base di una programmazione a lunga scadenza e di progetti ben studiati. La documentazione, il recupero, lo studio, il restauro e la musealizzazione di uno scafo antico richiedono circa dieci anni. L'improvvisazione e la mancanza di competenze specifiche può quindi creare dei danni con ripercussioni a lungo termine che possono mettere in discussione l'integrità del manufatto o anche, semplicemente, la possibilità che il progetto arrivi alla fase finale ossia alla musealizzazione. Fondamentale è la sicurezza della copertura finanziaria per tutto l'iter; da non sottovalutare inoltre la disponibilità degli spazi necessari.
La programmazione dei singoli progetti dovrebbe essere seguita da un coordinamento nazionale in grado non solo di controllare la metodologia di ricerca e di tutela applicata, ma anche di far tesoro delle esperienze fatte nei vari cantieri.
E' scontato che ogni cantiere interessato dalla presenza di relitti debba essere diretto da un archeologo navale. Costui però non potrà ignorare la metodologia applicata nei paesi più avanzati in questo settore.
Il confronto con l'estero è fondamentale, e utile può essere la consulenza esperti del nord-Europa (Danimarca, Francia e Olanda per primi). Se in alcuni casi quest'ultima strada è stata già imboccata (per quanto sempre a cose già iniziate ) da chi gestisce i più importanti cantieri, è altrettanto vero che il confine tra richiesta di consulenza e strumentalizzazione, ossia uso dello straniero come parafulmine a difesa delle critiche, è alquanto sottile.
Le potenzialità italiane e la creazione di un centro di ricerca
La consulenza estera, che offre la garanzia dell'esperienza, deve accompagnarsi alla valorizzazione delle competenze locali, ossia di tutti quegli archeologi, storici o tecnici preparati in specifici settori. In Italia sono presenti studiosi di costruzione navale antica, medievale e rinascimentale che possono competere tranquillamente con gli stranieri, particolarmente per i secc. XIV - XVI mediterranei, averne la meglio. Abbiamo inoltre esperti dendrocronologi, abili modellisti e ottimi rilevatori. La nostra debolezza sta semmai nella gestione generale del cantiere e nel restauro (sebbene non manchi qualche impresa con una certa esperienza anche in quest'ultimo settore).
Trattandosi comunque sempre di liberi professionisti o di "studiosi-amatori", ossia di esperti non inseriti istituzionalmente, è necessario che anche l'Italia si doti di un centro di ricerca, di documentazione e di restauro di relitti, magari assorbendo alcune di queste preziose risorse professionali.
Qualcuno ha già individuato la sede più idonea per questo centro all'interno dell'Arsenale di Venezia, che offre ampi spazi e un contesto quanto mai appropriato. Il progetto di recupero delle navi di S. Marco in Bocca Lama sarà una grande occasione per far nascere questo centro. Non solo il cantiere di scavo, ma anche il laboratorio di documentazione e restauro potranno divenire una palestra formidabile per formare studenti e tecnici, magari grazie ad una collaborazione tra Soprintendenza e docenti di archeologia dell'Università Ca' Foscari.
La metodologia
Parlando di metodo, credo che ogni progetto di scavo e studio di nave dovrebbe tenere presente questi punti fondamentali e imprescindibili:
- direzione delle operazioni da parte di almeno un archeologo specializzato nella costruzione navale, possibilmente esperto del periodo a cui sono datati i reperti;
- scavo stratigrafico;
- documentazione in situ: speditiva, se lo scafo è disassemblato e viene poi recuperato; di dettaglio, con precisione al mezzo centimetro, se la nave è integra o se viene lasciata sul posto; massima accuratezza, non solo nell'esecuzione delle piante, ma anche delle sezioni trasversali e di quella assiale che, in relitti che mantengono parte della loro originaria curvatura, sono fondamentali per la ricostruzione della forma. La documentazione, di regola, dovrà avvenire anche a fasciame interno rimosso (purtroppo ciò non è avvenuto, ad esempio, a Valle Ponti);
- documentazione analitica in laboratorio prima del restauro: ossia rilievo in scala 1:1 di ogni elemento, schedatura e documentazione fotografica;
- restauro immediato con tecniche sperimentate (ad esempio il PEG);
- studio ricostruttivo teorico della nave completa sulla base dei dati archeologici, di confronti etnografici e dell'iconografia navale;
- ricostruzione e musealizzazione;
- salvaguardia del manufatto in situ o all'interno del contenitore museale (climatizzazione e monitoraggio ambiente, restauri, pulizia ecc.).
E' possibile affermare che tutti i progetti italiani stanno seguendo questa scaletta? Lasciamo alla coscienza dei responsabili dei singoli interventi la risposta, ben consapevoli comunque delle enormi difficoltà che essi devono affrontare in termini economici e di tempistica, soggetti a pressioni di ogni genere; ci permettiamo comunque di far osservare che saltare uno di questi passaggi porta inevitabilmente al fallimento dell'impresa o perlomeno a mediocri e incompleti risultati dal punto di vista scientifico o conservativo.
Il restauro
Il problema del restauro è sicuramente il più spinoso e preoccupante. La conservazione di scafi di navi antiche imbibiti di acqua richiede competenze specifiche, molta esperienza, tempi lunghi e notevoli risorse. E' un problema che non può essere ignorato e non può neppure essere risolto con l'affidamento ad imprese private bensì con la creazione di un laboratorio statale specializzato quale quello di Breda in Danimarca (vd. L'archeologo subacqueo 9, p. 7).
Nel nostro paese non mancano le esperienze positive, ma esse sono sempre frutto della collaborazione con esperti stranieri. Mi riferisco all'intervento conservativo con il PEG sulla barca di Monfalcone (che oggi però attende un nuovo restauro ) tanto felicemente quanto modestamente condotto da Luisa Bertacchi grazie alla consulenza del danese Christensen e al restauro della nave punica di Marsala, diretto da Honor Frost.
Il rimanente panorama è invece piuttosto deludente: la barca di Ercolano è stata "sigillata" in un guscio di vetroresina e attende dal 1982 di essere restaurata; la nave romana di Valle Ponti, dopo essere stata dannosamente (per ammissione della stessa direttrice dei lavori) smontata, attende dal lontano 1990, sempre in un guscio di vetroresina, che il restauratore che l'ha in cura renda noti i risultati del suo intervento e la restituisca al pubblico e agli studiosi; la barca romana"cucita" conservata nei magazzini del museo archeologico di Adria attende, dal 1985, di essere restaurata. Ma per avere un quadro della situazione rimandiamo il lettore alla tabella sottostante.
Relitti di imbarcazioni o elementi di imbarcazioni, databili dall'età greca al medioevo, recuperati dal loro contesto di giacitura.
Scafo |
Luogo di conservazione |
Anno recupero |
Anno inizio restauro |
Responsabile restauro |
Condizioni attuali |
Pubblicazione |
Nave punica |
Marsala, Baglio Anselmi |
1971-74 |
1975-78 |
Honor Frost |
Esposta al museo |
Definitiva (Frost et alii, 1971) |
Lido Signorino B, Marsala, XI-XII sec. |
Marsala, Baglio Anselmi (magazzino) |
1986 |
Mai iniziato |
C. Meucci (ICR) |
In frammenti |
Preliminare (Ferroni, Meucci, 1995-96) |
Fiumicino, navi romane (1-5) |
Museo delle Navi |
Fine anni '50&endash;inizi '60 |
Fine anni '60 (solo resinatura) |
C. Meucci (dall'89 al '95) |
Esposte nel museo, necessitano di restauro |
Preliminare (Boetto, 1999, 2000, 2001, in c.s.) |
Nave di età augustea di Valle Ponti |
Comacchio |
1989 |
1990 |
C. Meucci |
In restauro |
Preliminare (Berti, a cura di, 1990) |
Barca da pesca di Ercolano |
Antiquarium di Ercolano (magazzino) |
1982 |
Mai iniziato |
C. Meucci |
Protetta da un guscio di vetroresina |
Preliminare (Meucci, 1989) |
Barcone del I-III sec. di Monfalcone |
Museo Archeologico di Aquileia |
1974 |
1974-1981 |
L. Bertacchi e A. Christensen |
Esposto al museo (attende nuovo restauro) |
Preliminare (Bertacchi, Bertacchi, 1988) |
Fr. barca cucita di età romana di Aquileia |
Museo di Archeologia Subacquea di Grado |
1988 |
2002 |
G. Morigi |
In restauro |
In corso (Beltrame, Gaddi) |
Barca cucita (II) di fine I- inizi II sec. di Corte Cavanella (RO) |
Museo Archeologico di Adria (magazzino) |
1985 |
Mai iniziato |
In una vasca d'acqua |
Definitiva (Beltrame, 1996-97, 2000, in c.s.) |
|
Fr. barca cucita di inizi II d.C. di Padova (Largo Europa) |
Disperso |
1993 |
Mai iniziato |
Disperso |
Definitiva (Beltrame, 1996-97, in c.s.) |
|
Relitto di fine II d.C. di Torre Sgarrata (Taranto) |
Soprintendenza Archeologica di Taranto (magazzini) |
1968 |
Mai iniziato |
In una vasca d'acqua |
Preliminare (Throckmorton, 1985) |
|
Fr. nave cucita di età arcaica, Isola del Giglio |
Soprintendenza Archeologica della Toscana (magazzini?) |
1983 |
? |
? |
? |
Definitiva ? (Bound, 1985, 1991) |
Fr. barca cucita romana, Meolo (VE) |
Museo di Archeologia Subacquea di Grado |
2000 |
2002 |
G. Morigi |
In restauro |
Definitiva (Beltrame, in c.s.) |
Fr. barca romana, Meolo (VE) |
Museo di Archeologia Subacquea di Grado |
2000 |
2002 |
G. Morigi |
In restauro |
In corso (Beltrame) |
Relitto di nave cucita del I-II d.C., Lido di Venezia |
Impresa di restauro Morigi e figli BO |
1992 |
1999 |
G. Morigi |
In restauro |
Definitiva (Beltrame, 1996, 1996-97, 2000, in c.s.) |
Barca del V sec., Ravenna |
Comacchio |
1998 |
1999 |
C. Meucci |
In restauro |
Preliminare (Medas, 1999, 2001, in c.s.) |
Relitto del II d.C., mare di Grado |
Museo di Archeologia Subacquea di Grado |
1999 |
2001 |
G. Morigi |
In restauro |
Preliminare (Dell'Amico, 1997, 2001; Beltrame, Gaddi) |
Frr. relitto romano, laguna di Grado |
Collezioni private |
ante 1994 |
Mai iniziato |
Essicato naturalmente |
Preliminare (Tortorici, 1997; Gaddi, 2001) |
|
Frr. barca cucita di VII sec. ?, Cervia |
Museo Nazionale di Ravenna (magazzini) |
1959 |
Mai iniziato |
Essicato naturalmente |
Definitiva (Bonino, 1971; Beltrame, 1996-97, 2000, in c.s.) |
Una grande occasione
Per concludere, ci appelliamo alle istituzioni perché prestino una maggiore attenzione al confronto metodologico con i paesi più avanzati in questo settore e perché si impegnino in una programmazione a lungo termine.
Fondamentale sarebbe la creazione di un centro di documentazione e restauro, in grado di coordinare e servire l'intero paese, piuttosto che restare sulla strada dell'emergenza continua che, alla resa dei conti, è una via più onerosa in termini economici, e molto meno redditizia in termini qualitativi e scientifici.
L'Italia, in questo settore, ha la possibilità, offerta non solo dalle eccezionali scoperte fatte nel suo territorio, ma anche dalle singole professionalità disponibili, di mettersi al passo con gli altri paesi e, perché no, di fare meglio.
Perché non sfruttare questa occasione che porterebbe, oltre che ad un primato nel settore della ricerca e ad un'adeguata opera di salvaguardia della nostra memoria, alla valorizzazione di un importante bene culturale e a conseguenti occasioni occupazionali?
C.B.
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