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Archeologia subacquea e riforma dell'Università

di Giuliano Volpe

pubblicata come editoriale su "L'archeologo subacqueo" nel numero di Maggio-Agosto del 2000

Come molti sapranno, é in dirittura d'arrivo la riforma dell'Università italiana, che entrerà in vigore con il prossimo anno accademico 2000-2001, o al più tardi con il successivo. Si tratta di una riforma radicale che porterà ad un profondo cambiamento nella struttura dei cicli di studio, nell'organizzazione didattica, nei titoli.

Pur senza nascondersi le difficoltà ed anche i rischi insiti in tale cambiamento e pur conservando un salutare atteggiamento critico', e opportuno guardare a questa riforma in maniera moderatamente ottimistica, operando in tutti i modi perché i suoi esiti siano positivi. I pericoli sono molti (per esempio, la licealizzazione dell'Università, il sempre maggiore distacco tra atenei ricchi e poveri, tra facoltà scientifiche ed umanistiche, ecc.), ma anche i possibili vantaggi non sono meno significativi (un maggiore accesso all'Università, una riduzione della cd. "mortalità", cioè del numero di studenti che non consegue il titolo, ecc.). E un'importante scommessa: dipende da tutti (classe politica e ministero, ma anche - e direi soprattutto - docenti e studenti delle singole Università nell'ambito dell'ampia autonomia prevista) se potrà essere vinta. Non e questa la sede per entrare nei dettagli tecnici della complessa architettura (anche perché al momento si conoscono solo le bozze della riforma), ma, schematizzando al massimo, si può dire che lo studente frequenterà un triennio (primo livello = Laurea), acquisendo almeno 180 crediti (il credito e la nuova unita di misura dell'apprendimento, corrispondente a 25 ore di lavoro e studio); potrà quindi fermarsi o, se vorrà, frequentare un biennio (secondo livello = Laurea specialistica), con ulteriori 120 crediti. Il terzo livello é costituito da diplomi di specializzazione e/o dottorati di ricerca.

Fatta questa lunga ma necessaria premessa, si può porre la domanda: cosa dovrà fare chi intenda effettuare studi di archeologia? E, cosa che riguarda più direttamente i lettori di questo giornale, quale spazio potrà esserci per l'archeologia subacquea in questa Università?

Com'e noto, I'ordinamento ancora vigente prevede che ci si possa iscrivere alle Facoltà di Lettere o di Conservazione dei Beni Culturali e poi eventualmente ad una Scuola di Specializzazione. Con la riforma sono previsti un primo livello triennale con la Laurea in 'Scienze dei Beni Culturali' (classe 13) e, per chi vorrà proseguire negli studi, un biennio per la Laurea specialistica in 'Archeologia' (classe 2). Quindi - direi finalmente - si potrà conseguire anche in Italia una laurea specifica in archeologia, dopo cinque anni di studi. Si tratta di un obiettivo a lungo atteso, di cui é necessario sottolineare l'importanza. Ovviamente ciò non sarà sufficiente a formare un archeologo, per cui sarà necessario un terzo livello ancor più specializzante, cioè un dottorato di ricerca o un diploma di specializzazione: per questo motivo si sta fortemente insistendo (soprattutto da parte della Consulta Universitaria per l'archeologia del mondo classico) perché siano conservate le Scuole di Specializzazione in Archeologia, di cui invece é stata prevista la disattivazione. Le future scuole di specializzazione, che ci si augura possano essere istituite con uno specifico decreto ministeriale, secondo quanto già fatto, ad esempio, per quelle giuridiche, dovranno però essere strutturate (molto più di quanto lo siano oggi) in modo da avviare effettivamente alla professione di archeologo.

In questo contesto, nell'ambito delle discipline archeologiche caratterizzanti i corsi di primo e secondo livello, le singole Università potranno attivare anche corsi di 'Archeologia subacquea', assegnando ad essi il numero di crediti (cioè peso e valore) che si riterrà opportuno.

Mi si dirà che ciò accade già oggi in molte Università. Certamente, ma nell'attuale situazione si tratta di insegnamenti, per lo più semestrali, affidati per supplenza a docenti di discipline affini o per contratto a docenti esterni e non a docenti ufficiali di 'archeologia subacquea'. Nella nuova situazione ci sarà una differenza non irrilevante, poiché la riforma dell'Università si accompagna ad una ristrutturazione dei raggruppamenti disciplinari universitari. Ebbene, in almeno due gruppi disciplinari l'archeologia subacquea può essere prevista (e ciò vuol dire che finalmente studiosi specializzati in questa disciplina potranno affrontare e vincere un concorso universitario, con un profilo specificamente incentrato sulla ricerca subacquea e navale). Infatti, il gruppo di 'Topografia antica' (la cui sigla e L-ANT/O9), come si legge nella sua definizione,<<comprende gli studi sulla organizzazione antropica degli spazi in età antica con particolare riferimento al mondo classico e ai suoi insediamenti urbani, rurali e viari, anche sommersi, indagati con il sussidio di strumenti . . . >>. In quel piccolo inciso, 'anche sommersi', giustamente previsto, rientra l'archeologia subacquea, o perlomeno quel settore di indagine più vicino alle ricerche topografiche (sistemi portuali, insediamenti sommersi, ecc.). E' un passo in avanti significativo, e bisogna essere grati a chi ha lavorato per l'inserimento di quel semplice ed efficace inciso. Si potrebbe obiettare che sarebbero esclusi ampi ambiti dell'archeologia subacquea e navale e in particolare le ricerche sui periodi pre- e post-classici. A tal proposito, si deve però segnalare che é stato istituito un nuovo gruppo disciplinare di 'Metodologie della ricerca archeologica' (L-ANT/10), a carattere fortemente diacronico che <<comprende gli studi relativi ai contenuti metodologici delle discipline archeologiche, con particolare riferimento agli aspetti tecnico-operativi, sul campo e in laboratorio, nei diversi ambiti geografici e culturali ...>>. In questo gruppo l'archeologia subacquea (come l'archeologia dei paesaggi, I'archeologia urbana, ecc.) potrà trovare una collocazione ufficiale. E' questo un risultato di grande importanza, sotto molti profili.

Infine, un'altra breve considerazione. Nel curriculum di studi universitario la riforma prevede uno spazio specifico (e cioè crediti) per le attività sul campo, oltre che per iniziative formative autonomamente scelte dallo studente: la partecipazione ad uno scavo archeologico, lo stage presso un museo, le attività di laboratorio, ecc., saranno quindi riconosciute ed entreranno a pieno titolo nel bagaglio di competenze accumulate e valutate. C'e quindi da augurarsi che questa novità possa stimolare il maggiore coinvolgimento degli studenti nelle ricerche archeologiche sul campo, e, cosa che ci interessa particolarmente qui, promuovere l'attivazione di campi-scuola, anche di archeologia subacquea.

Come si vede, molte saranno le novità, e mi auguro di essere riuscito, nonostante la materia assai tecnica e il poco spazio disponibile, a prospettarne alcune particolarmente significative per gli archeologi. C'e da augurarsi ora che la riforma vada in porto nel migliore dei modi e che (restando nel linguaggio metaforico caro a chi si occupa di navigazione antica) si evitino i rischi, sempre in agguato, del naufragio.

G.V.

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