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Aggiornamento al 26 maggio 2003

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Archeoforum A2

Una didattica unica per le scuole di Archeologia subacquea?

Se sì: quale? - Se no: perchè? - Oppure ......

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Introduzione:

L'idea del Forum è nata il, 24 maggio, a Peschiera del Garda, durante la tavola rotonda coordinata dal dott. Francesco Giardina "Responsabilità e compiti delle scuole di Archeologia subacquea" organizzata dal Comune di Peschiera del Garda, la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto N.A.U.S.I.C.A.A. e l'Associazione Culturale Subacquea del Lago di Garda UNIO, per raccogliere le idee e le considerazioni non solo dei partecipanti, ma anche di chi non aveva potuto esserVi.

Tutti i contributi saranno raccolti e consegnati agli Enti preposti, alle scuole, associazioni o Federazioni interessate.

 

Contributi:

Oggi, 24 maggio, sono stato presente alla tavola rotonda tenuta a Peschiera, durante la quale si è discusso sul rapporto volontariato-Soprintendenze e corsi di archeologia subacquea.

E' dal 1982 che mi interesso alla materia, ho prestato la mia opera in cantieri come volontario all'inizio, e come professionista (faccio il fotografo), fino ad oggi. Per un paio di anni, l'ho fatto pure a tempo pieno, e quindi penso di avere maturato abbastanza esperienza per poter dire la mia.

In tutta Italia, è un gran fiorire di corsi di archeosub, di ogni tipo. Alcune di queste organizzazioni, in passato, avevano avuto pure l'ardire di dichiarare che " …al termine del corso, verrà rilasciato un brevetto di &endash;udite bene- archeologo subacqueo". Non facciamo commenti, lo trovo superfluo.

La "leggerezza" di tutte queste organizzazioni, nessuna esclusa (non me ne vogliano gli amici che lavorano in questo campo), raggiunge poi il culmine quando agli allievi che si presentano, viene detto loro che, a qualifica acquisita ( quale?), i loro nominativi verranno comunicati alle Soprintendenze, che secondo le necessità li potranno contattare in seguito per utilizzarli nei cantieri. Niente di più falso !

L'unica possibilità lavorativa a cui potranno aspirare questi giovani, è quella di essere sfruttati da ditte di lavori subacquei senza scrupoli, che per far figurare 10 operatori presenti sul campo ( con conseguente rialzo dei costi), ne prendono nove dai circoli subacquei, e li fanno lavorare a fianco dell'unico operatore (veramente retribuito) professionista. Così vanno le cose.

Fortunatamente questo fenomeno non è più diffuso come un volta, ma il problema rimane. Ci sono pochi soldi, da alcuni anni non si fanno cantieri se non con fondi privati, e quando questo avviene, si preferisce rivolgersi a ditte di professionisti, dotati di mezzi nautici, attrezzature specifiche, ed esperienza.

In questa situazione, l'appassionato subacqueo, dotato di sensibilità archeologica e tanta buona volontà, non trova spazio.

Quale rimedio a tutto ciò ?

1) Istituire dei corsi "base", durante i quali il subacqueo che lo desidera, viene messo in condizione di poter effettuare, nel caso sia protagonista di un ritrovamento archeologico, una corretta segnalazione alla Soprintendenza competente. Poter dire con certezza : la nave si trova in questo punto esatto, la situazione dello strato superficiale si presenta in questo modo, ha una area di mt…….., e sul sito sono presenti queste tipologie di materiali , corredando il tutto da alcune fotografie. sarebbe già un bel risultato, e gli Enti posti a tutela del ns patrimonio archeologico, sono convinto apprezzerebbero molto questo tipo di collaborazione. I circoli subacquei , poi potrebbero far rientrare nelle loro attività, il periodico controllo del sito, per verificare che non ci siano state manomissioni di estranei.

Una simile attività, potrebbe appagare benissimo gli appassionati subacquei, che in questo modo darebbero uno scopo importante alle loro immersioni domenicali.

2) A fianco dell'attività descritta al punto 1, potrebbero nascere Associazioni, come la Unio, la Argo, ed altre ancora che sono già attivamente presenti sul territorio nazionale, che potrebbero farsi carico di formare subacquei ancora "più specializzati", non per scavare o prestare una quanto mai ipotetica collaborazione a cantieri, ma per compiere quelle ricerche sulle quali lo Stato non ha mai investito nulla: la ricerca di nuovi siti, basandosi sulla raccolta di indizi, ricerche d'archivio, bibliografiche e quant'altro, per allargare il quadro delle conoscenze. Sarebbe una attività quanto mai avventurosa ed appagante, che richiederbbe solo costanza e metodo, senza grossi impegni finanziari. Oltre a questo, potrebbero appoggiare ricercatori nello loro indagini, e studenti per la realizzazione delle loro tesi di laurea. Fino a pochi anni fa, quando la sensibilità archeologica non era troppo diffusa tra i subacquei sportivi , le segnalazioni che arrivavano alle Soprintendenze, partivano per lo più da pescatori che trovavano nelle reti i più disparati reperti, o da equivoci personaggi che, dopo aver saccheggiato il saccheggiabile, denunciavano il ritrovamento di un relitto, facendo così bella figura, e credendo così di poter lavare la propria coscienza. Ricordo un fatto simile avvenuto all'inizio delgi anni '80 in Calabria. Allora lavoravo per la Soc. Aquarius, e la Soprintendenza ci disse che dovevamo recarci presso una data località perche da li era arrivata una importante segnalazione. Contattammo l'autore di tale denuncia, e molto candidamente, ci aprì un album di fotografie dove erano raccolte le immagini dei "pezzi" che aveva già recuperato e venduto. Tra questi , facevano bella mostra di se, statuette in bronzo, vasi di ogni foggia ed epoca, decorati e non, perfettamente intatti, ed altro ancora.

Se la ricerca fosse fatta da personale fidato, i ns archeologi potrebbero attingere dati da siti pressochè intatti, a tutto vantaggio di una ricostruzione più fedele della storia.

Immaginatevi la squadra scientifica della Polizia o dei Carabinieri, che chiamata sulla scena di un delitto, è costretta a raccogliere indizi dopo che è passata la donna delle pulizie. Il risultato è il medesimo.

Altro spinoso problema che nessuno ha sollevato è il dilagare delle conoscenze e delle tecnologie, che permettono ai subacquei della domenica di raggiungere profondità una volta ritenute "abissali": La cosidetta "subacquea tecnica", oggi permette a tanti sportivi di indagare zone di fondale mai esplorate, e tutto questo senza che nessuno possa controllare. Noi ci arrovelliamo nel pensare di istituire corsi per addestrare ad un corretto rilevamento a 30 mt, quando i relitti tra i 60 ed i 100 mt ed oltre, sono fuori controllo. Occorre urgentemente sensibilizzare tutte le didattiche che addestrano all'utilizzo di miscele ternarie , affinche i siti vergini, possano rimanere tali, e magari istiture ed approntare squadre di profondisti , all'impiego archeologico. Le moderne conoscenze sulla fisiologia della immersione profonda e sulla decompressione, oggi permettono tempi di permanenza sul fondo che solo dieci anni fa non ci sognavamo neppure. Noi stiamo continuando a ritenere siti come quello della nave romana di Albenga , "non lavorabili" per la elevata profondità ( 40 mt), quando ci sono team di subacquei tecnici che a 90 mt possono starci per 40' e risalire in sicurezza. Il mondo dell'archeologia si deve aggiornare, ed anche molto velocemente. Non troppo tempo fa, parlando al telefono con una archeologa dell'Italia centrale, mi disse che i suoi ( ?) subacquei a 50 mt potevano restare solo 5 minuti, e che quindi era impossibile fare lavori a quelle quote. La settimana scorsa, sono sceso sul ponte di poppa dell'Haven (la superpetroliera affondata di fronte ad Arenzano/GE) che si trova a 60 mt di profondità; ho portato con me la custodia con la macchina fotografica, montata su cavalletto, e sono rimasto li mezz'ora respirando trimix 18/50 (non era la prima volta), a fare fotografie in BN. Al 65° minuto di run-time ero con la testa fuori dall'acqua, dopo aver fatto decompressione con EAN 50. Io ho 47 anni, sono sovrappeso, ho problemi di deambulazione, e sono l'ultimo arrivato in fatto di subacquea tecnica, immaginatevi le possibilità di un giovane archeologo trentenne, ben addestrato .

Mentre gli sportivi dibattono i loro problemi, nel mondo professionale le cose non vanno meglio. La figura dell'archeologo subacqueo non è riconosciuta, e capita che le norme vigenti non permettano a questi ultimi di immergersi in zone portuali di alto interesse archeologico, per controllare o seguire l'opera di operatori professionisti. Da altre parti, ho sentito che l'archeologo deve prendersi un giorno di ferie per poter andare sott'acqua a lavorare…., e farlo a sue spese.

A tal proposito, vorrei che intervenisse un qualche archeologo subacqueo dipendente di una qualsiasi Soprintendenza, per farci un quadro più chiaro su questa assurda situazione.

Come si potrebbe pretendere che, in mezzo a questo marasma, i subacquei sportivi possano essere impiegati nei cantieri, quando fanno fatica a farlo gli addetti ai lavori ?

Scusandomi per la lunghezza del mio intervento, passo "la palla" a qualcun altro.

Giorgio Merighi (fotografo) - (maggio 2003)

 

 

Aggiornamento al 26 maggio 2003

 

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