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LA LAGUNA DI VENEZIA PRIMA DEI ROMANI

Grazie alla costanza e all'abnegazione degli studiosi e dei ricercatori stanno cadendo molti degli interrogativi.

Sappiamo ormai come la laguna si é formata e modificata nel tempo, mentre le indagini si rivolgono ai suoi più antichi abitatori e alle condizioni della loro esistenza

di Antonio Rosso - E-mail: info@archeosub.it

pubblicata su "Archeologia Viva" nel numero di Marzo del 1984

Come si è formata la Laguna di Venezia?

Come si è modificata nel tempo? Chi erano i suoi primi abitanti? Dove e come vivevano?

Queste domande costituiscono un punto nodale per gli studiosi di storia e problemi veneziani ed è da almeno duecento anni che si scrive intorno ad esse. Oggi finalmente abbiamo le risposte ai primi due quesiti. Per il resto i reperti finora recuperati sono molto pochi, anche se, in alcuni casi, consentono di porre interessanti ipotesi di lavoro.

E ormai certo che l'origine della Laguna di Venezia sia in relazione all'ingressione marina olocenica la cui massima espansione è avvenuta circa 6000 anni fa.

Essa ha interessato gran parte dell'attuale laguna spingendosi, nel bacino meridionale, fino a circa sette chilometri più all'indietro dell'odierno litorale e superando, in quello settentrionale, l'attuale posizione dell'abitato di Treporti.

Precedentemente, durante il periodo glaciale, tutta l'area era emersa, cosicché nulla escluderebbe la possibile esistenza di insediamenti paleolitici. Fino ad oggi tuttavia non è stato rinvenuto alcun manufatto riferibile a tali età. Del resto la zona è stata oggetto di numerosi cambiamenti morfologici per le successive oscillazioni del livello del mare e per gli apporti sedimentari dei fiumi che vi sfociavano. E difficile pertanto sperare nel ritrovamento di testimonianze così antiche.

 

Evoluzione del livello marino secondo alcuni autori

Dalle campagne di ricerca, condotte con l'impiego di carotatori, i ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Venezia hanno potuto dedurre che, nel bacino sud, successivamente all'ingressione marina il litorale si è nuovamente spostato verso il mare di circa I km dove è rimasto, sia pure con alterne vicende, relativamente stabilite fino al primo millennio avanti Cristo. E in questa fase che nelle aree interne al cordone litoraneo un innalzamento del livello marino, unito al lento abbassamento del suolo, non compensato da un sufficiente apporto di sedimenti, ha favorito lo sviluppo delle prime lagune.

I carotaggi hanno messo in evidenza, infatti, una graduale trasformazione dell'ambiente da fluvio palustre a lagunare, processo questo che, nel tempo, tenderà ad ingrandire gli specchi acquei verso la terraferma fino all'800 a.C.

 

Variazioni della linea di costa

L'esistenza di insediamenti umani nella laguna, in questi periodi, è controversa in quanto è ipotizzabile solo dal ritrovamento di pochi oggetti. Infatti, a parte qualche manufatto in selce recuperato casualmente lungo gli argini o le rive delle isole e un corno di cervo lavorato rinvenuto negli scavi per la costruzione del ponte degli Scalzi, i soli oggetti ritenuti preistorici sono venuti alla luce a Venezia durante i lavori per il restauro del Fondaco dei Turchi, ora sede del Museo di Storia Naturale, e sotto l'attuale palazzo Papadopoli, dove sono stati trovati con altri materiali anche strumenti in corno di cervo, punte di freccia, accette in diorite e in selce.

Isola Petta di Bo: un residuo di un antico cordone di dune della linea di costa di 5000 anni fa

Eppure, poiché sembra che l'ambiente fosse ricco di acque dolci e di vegetazione, si può supporre che l'area avesse tutte le caratteristiche necessarie per attirare insediamenti umani. In particolare dovevano essere facili la caccia e la pesca. Eventuali resti, tuttavia, si dovrebbero localizzare a oltre quattro metri di profondità e pertanto non sono facilmente reperibili. A conferma di ciò si ha la recente scoperta di una punta di freccia peduncolata, delle dimensioni di mm 30 x 19, in selce, con lavorazione bifacciale, datata al II millennio a.C., recuperata nel terreno argilloso del canal Tresso, presso l'isola del Lazzaretto Nuovo a 4,5 metri di profondità ed esposta alla mostra «Venezia e la Peste» tenutasi al Palazzo Ducale nel 1979.

Punta di selce peduncolata rinvenuta nel fondale del Canal Tresso (Lazzaretto nuovo)

Questo è tutto ciò che si conosce, anche se, a voler essere esatti, ogni tanto si hanno notizie di nuovi ritrovamenti: ma si tratta per lo più di rinvenimenti limitati e casuali. Addirittura, in alcuni casi, certi manufatti in selce, ritenuti preistorici, si sono successivamente rivelati acciarini in uso fino al XVIII secolo; e frammenti di corna di cervo si sono poi dimostrati essere resti di lavorazione di età altomedievale.

Anche una piroga, rinvenuta nel 1893 presso Lova e oggi conservata nel Museo di Storia Naturale di Venezia, ha dato da discutere: scavata da un grosso tronco di quercia, era situata a 2,45 m di profondità e proprio tale giacitura, unitamente alI'impiego di utensili metallici per il suo scavo, ha indotto a ritenerla non più antica dell'età dei metalli, se non addirittura risalente ad epoche storiche.

Imbarcazione monossile rinvenuta nei pressi di Lova

Ben diverso invece si presenta il quadro dei ritrovamenti appena fuori della conterminazione lagunare.

In terraferma, infatti, sono state rinvenute numerose selci lavorate, spesso di tipo microlitico; e, a volte, si sono potuti persino individuare alcuni insediamenti. Ricerche sistematiche sono iniziate da pochi anni ed è ancora troppo presto per avere un quadro completo della situazione.

L'area interessata è molto ampia avendosi segnalazioni a Meolo, Altino, Dese, Mestre.

In questo settore, un punto di riferimento sono diventati i ricercatori dell'Università di Ferrara, affiancati anche da appassionati e da gruppi spontanei che hanno dato un contributo significativo alle ricerche. E'a loro che si deve, ad esempio, il ritrovamento di strumenti microlitici appartenenti a industrie mesolitiche, che sono stati attribuiti al Sauveterriano (8000-6000 a.C.), per l'insediamento di Altino, e al Castelnoviano (6000-4500 a.C.), per gli insediamenti di Meolo; così come le più recenti segnalazioni di Dese e Mestre.

La gronda lagunare, pertanto, è stata abitata almeno dal VI millennio avanti Cristo.

Divenuto nell'800-900 a.C. il clima più freddo e avutosi un forte aumento delle precipitazioni, nella laguna meridionale la linea di costa ha ripreso ad avanzare fino ad arrestarsi lungo una linea corrispondente a quella attuale; nella laguna nord, invece, è rimasta più o meno sulle medesime posizioni: spostata di circa quattro chilometri più all'interno rispetto a quello che è oggi il litorale. Tale mutamento è avvenuto rapidamente e nel 500 a.C. Ia nuova situazione sembra già stabilizzata.

All'interno della nuova linea di costa, i bacini precedentemente lagunari, per le intense precipitazioni piovose che avevano arricchito i fiumi di sedimenti non disgiunte da nuove variazioni eustatiche, vanno riempiendosi: come conseguenza si sposta verso il mare anche il confine tra ambiente di acque dolci e salate.

E a questa fase climatica, caratterizzata da dissesti idrologici ed interessante aree ben più vaste che le sole lagune, sono state ad esempio riferite le varie opere compiute dagli Etruschi per difendere città e colonie dall'interramento.

Anche Altino, almeno un parte, deve essere rimasta coinvolta in questa vicenda in quanto si è potuto appurare con certezza che era abitata almeno dal VII sec. a.C. Di un altro insediamento, ritenuto protostorico, individuato in vicinanza di Jesolo mediante foto aeree ed avente «una struttura urbanistica ed un sistema di canalizzazioni artificiali simili a quanto rilevato per la città etrusca di Spina» si conosce ancora troppo poco. E se Scymno di Chio (geografo del II sec. d.C.) riporta la presenza di numerose città venete in un'area che definisce «insenatura», è ancora discussa la possibilità che si riferisse proprio alla Laguna di Venezia. Gli studiosi ritengono, pertanto, che in questa età (VIII-III sec. a.C.) non ci fossero grossi insediamenti nell'area lagunare o importanti centri portuali; la stessa Altino doveva infatti essere ancora in via di espansione.

E' certo, tuttavia, che queste lagune fossero sede di traffici e commerci terrestri e acquei e che pertanto esistessero luoghi di scambio, mercati, «porti», sia pure non nel senso a cui siamo oggi abituati: lo confermano i numerosi ritrovamenti di oggetti etruschi e greci, tra cui frammenti di ceramica attica a fondo nero e a fondo rosso.

Inoltre, secondo alcuni autori, attraverso le lagune, prima, e il Brenta, poi, si sarebbe sviluppato anche un tratto di quella «Via dell'Ambra» che giunta alle foci del Timavo proseguiva poi per Padova e quindi nell'entroterra padano.

A che punto siamo e come può la ricerca anche subacquea dare un contributo chiarificatore a queste età preromane?

Subacqueo in operazioni di rilevamento nei canali lagunari

Gli studi sono ormai avviati per quanto riguarda l'area circumlagunare, grazie agli scavi effettuati ad Altino e nelle zone citate, mentre sono appena agli inizi sui pochi frammenti ritrovati in laguna.

 

Nulla a priori esclude che qualche zona possa essere stata abitata, ma non è emersa ancora alcuna prova certa, anche se in un insediamento composto prevalentemente di materiale di epoca romana, localizzato in immersione nei pressi di Burano (Laguna nord), sono state ritrovate fondazioni lignee che con il metodo radiometrico C 14 sono state attribuite al IV sec. a.C. e un frammento lungo poco più di un metro in legno con numerose cavicchie simmetricamente disposte a «V» (sempre della stessa località) è stato riferito al 500 a.C.

E proprio questa carenza di notizie che fa divenire importanti anche i ritrovamenti isolati: anzi, se opportunamente raccolti ed esaminati, potrebbero divenire la chiave decisiva per illuminare il buio che circonda queste età.

 

Uno scavo ottocentesco in Laguna

Riportiamo in stralcio la descrizione degli scavi effettuati nel 1874-75 per la ricostruzione del Fondaco dei Turchi e del Palazzo Papadopoli, a Venezia, quando fu riportata alla luce un'importante documentazione preistorica:

. . .«ln ambedue questi scavi si rinvennero parecchi oggetti di alta antichità i quali farebbero ritenere le isole che compongono Venezia popolate in epoche più remote di quello che di ordinario si crede.

...«intrapresi i lavori di scavo fino alla profondità di m l,50 dalla ordinaria marea, si riscontrarono avanzi di industrie non più antiche del secolo decimoquarto.

...«Alla profondità di m 2,50 dalla c.m. incominciarono ad apparire avanzi industriali di epoche ben più antiche... secoli decimo ed undecimo

...«Alla profondità di m 3 e 3,50 dalla c.m. si riscontrarono avanzi delle industrie anteriori al sec. X.

...«Proseguendo gli scavi alla ,~profondità di m 4,00 dalla c.m. si incontrarono avanzi di industrie dell 'epoca romana.

...«Sotto a questo strato di fango misto a sostanze animali si scoprì a m 4,50 dalla c.m. uno strato torboso dello spessore di cm 15 che si estendeva per uno spazio di mq 20 circa. Si componeva esso di sostanze vegetali, di conchiglie, ed avanzi di pesci. Fra la torba rinvenni parecchi strumenti in corno di cervo, cioè un ramo tagliato a foggia di piccone, altro preparato ad inserirvi uno strumento di pietra e qualche frammento di corno ad uso di lisciatoio.

«Quivi stavano pure due punte di freccia, una ad alette in diorite nero-verdastra scheggiata, l'altra in selce rossastra ad alette di forma allungata e mancante di punta. Le pietre colle quali sono lavorate si trovano fra le ghiaie dei fiumi del padovano. «Presso a questi due oggetti stava una scodella in terracotta lavorata al tornio con ansa rialzata, un vasellino modellato a mano che dimostra l 'arte del figulo assai modesta ed una fusajuola semplicissima in terracotta.

«I bronzi raccolti nella torba sono due armille una delle quali in filo semplicissimo, l'altra vuota all'interno e striata.

«Si rinvennero pure in questo strato due pezzi di selce nera, uno dei quali tagliato a forma quadra, l'altro scheggiato forse, per prepararlo al lavoro. «Alla medesima profondità in un terreno analogo al precedente si scoprirono oggetti consimili nel preparare le fondazioni del Palazzo Tiepolo ora Papadopoli a S. Apollinare. Ivi, battendo le palificate alla profondità di m 4 circa dalla c.m. il terreno vennero alla luce gran quantità di corna cervine che raccolte dagli operai furono vendute a peso. Avuta notizia del fatto, mi recai sul luogo e giunsi a raccogliere dieci pezzi di corno cervino lavorati ad uso di lisciatoi simili a quello trovatosi nello scavo del Fondaco. E quivi pure scopersi un'ascia a mandorla in diorite nera levigatissima, altra piccola ascia della medesima pietra e levigata, altra in bronzo o celt, ed un ornamento dello stesso metallo di uso incerto. . . ».

C.M. Urbani De Gheltof

1881

 

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