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NEWS 05-02

Notizie ed avvenimenti di febbraio 2005

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  VENEZIA: Si è spento Nedis Tramontin, il maestro costruttore di gondole (27.02.2005)

Aveva pensato che sarebbe morto in squero, e invece si è spento a 83 anni al Policlinico San Marco, a Mestre.

Era un grande, il più grande costruttore di gondole tradizionali di Venezia. Lavorava nel suo "squero" che già era stato di suo padre e prima di suo nonno.

Costruiva alla maniera tradizionale: per il suo lavoro non usava il metro, ma ancora il "passetto" veneto coi "pie" e con le "once".

Non aveva progetti o disegni ma solo i "sesti', e adoperava ancora il 'cantier" sagomato nel 1884 dal nonno Domenico.

Lascia la sua eredità al figlio Roberto: nulla di scritto, solo una trasmissione vocale.

I funerali si svolgeranno martedì prossimo alle 11, nella Chiesa dei Carmini.

(fonte: Il Gazzettino)

Nedis, ci piace ricordarti così, con Roberto a fianco, mentre esponi i tuoi concetti di tecnica e di vita a coloro che sempre più spesso venivano a farti visita.
Con l'augurio e la speranza che possano continuare a perdurare

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  LIGNANO (UD): in una conferenza stampa presentata la campagna del 2004 sul relitto del Mercurio (18.02.2005)

Se Napoleone Bonaparte aveva il sogno di conquistare l'Adriatico lo scontro navale che lo vide perdente nelle acque di Grado glielo fece perdere.

Accadde il 22 febbraio 1812.

La prova della sconfitta sta emergendo grazie al recupero del brick Mercurio (un brigantino militare a due alberi) in corso a sette miglia dalla costa di Lignano Sabbiadoro.

I risultati sono il frutto di scavi di archeologia marina iniziati nel 2001 curati da Carlo Beltrame dell'Università Cà Foscari di Venezia, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente dello stesso ateneo,della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto oltre all'amministrazione comunale di Lignano.

E' il più antico relitto scoperto sino ad ora del periodo pre-unitario italiano e i risultati dell'operazione in corso sono stati presentati giovedì 17 al Centro Civico di Lignano

Il brigantino è l'unico relitto rinvenuto di nave appartenente al regno d'Italia, che all'epoca era governata dal figliastro di Napoleone, il viceré Eugenio. di Beauharnais.

Il Mercurio era lungo 32 metri e largo 9, aveva un dislocamento di 400/500 tonnellate e poteva raggiungere la velocità di 9 nodi con un equipaggio di circa 112 uomini.

Aveva per quanto si conosce dai registri 16 carronate, ma si sa che a partire dal 1809 ai brick francesi vennero tolte due carronate ed aggiunti due cannoni ossia due pezzi a canna lunga.

Sono state ritrovate delle carronate (pezzi di artiglieria a canna corta e di grosso calibro utilizzate tra la fine del '700 e la prima metà dell'800), in tutte le marinerie. Erano armamenti più leggeri, ma più efficaci. Queste, fino ad ora, sono le uniche note e conservate in Italia e probabilmente anche all'estero, per tipo di modello.

Si è potuto accertare anche, da un punzone impresso sula prima carronata recuperata, che le artiglierie furono fuse nella fonderia reale Du Creusot, appartenente all'imperatore e ancora in attività.

Attorno al relitto giacciono quattro carronate, mentre altri tre pezzi sono stati rinvenuti ad alcune decine di metri dal relitto.

Nel corso della campagna del 2004 è stato possibile procedere al recupero di ben tre delle otto carronate note che ora si trovano all'Arsenale di Venezia in attesa del restauro

 

Il brigantino è stato costruito nel 1805 nei cantieri di Genova ad opera di Sanè un famoso ingegnere di Napoleone ed era utilizzato per compiti di scorta, sorveglianza e collegamento

La battaglia è avvenuta in quanto il Mercurio con il comandante Palincucchia era stato inviato a fare proprio da scorta assieme ad altri due brick: lo Iena (del Regno d'Italia) da 16 cannoni ed il Mameluck (francese) da 8, al vascello Rivoli da 74 cannoni, che uscito dal porto di Malamocco nella notte del 21 febbraio doveva recarsi a Trieste o secondo altre fonti ad Ancona.

Intercettati dal vascello inglese Victorious da 74 cannoni e dal brick Weasel da 18 cannoni, furono attaccati.

Il Mercurio, rimasto arretrato, si difese ma, intorno alle 4,15, dopo 40 minuti di cannoneggiamento salto in aria, forse colpito alla santabarbara

La battaglia continuava tra il Rivoli ed il Victorious ma anche il Rivoli dovette arrendersi; fu così catturato e venne successivamente inglobato nelle forze inglesi.

Tra gli imbarcati del Rivoli e del Mercurio, morirono almeno 254 uomini, ne rimasero feriti circa 365 e ne furono fatti prigionieri 304.

La scoperta del relitto si deve ad un peschereccio che accidentalmente si è trovato impigliata tra le reti una carronata, ossia uno dei 16 pezzi di artiglieria del Mercurio.

Il relitto è costituito, infatti da un «tumulo» principale composto per lo più da pani di ghisa della zavorra e da vari oggetti metallici.

Tra questi vi sono anche munizioni, divario calibro, chiavarde (grossi chiodi che collegavano i vari elementi dell'ossatura della nave) e chiodi di bronzo appartenenti allo scafo e varie pulegge di bozzelli (carrucole) di manovre.

Al di sotto del tumulo è stato riportato alla luce un tratto di fiancata dello scafo e la carena è rivestita da una lamina di rame inchiodata.

 

La bandiera.

Il brick Mercurio, ceduto nel 1810 assieme allo Iena al regno d'Italia, batteva bandiera del Regno d'Italia.

Dopo Marengo, variati i territori conquistati, Napoleone decreta il 25 gennaio 1802 la nascita della Repubblica Italiana: presidente Bonaparte.

Secondo un decreto del 20 agosto 1802 la bandiera delle navi da guerra della Repubblica Italiana era formata da un rettangolo a fondo rosso, in cui era inserito un rombo a fondo bianco, contenente un quadrato a fondo verde.

Il 17 marzo 1805 la Repubblica conferisce a Napoleone, già imperatore dei francesi, il titolo di re d'Italia: questi territori vengono così da ora in poi chiamati regno d'Italia fino al 1814 e retti da Eugenio Beauharnais, come viceré. Per tale continuità è probabile che sia rimasto valido anche l'editto circa la bandiere del 1802.

(Fonti: Il Corriere della Sera, Il Gazzettino, Storia delle Marine Militari Italiane del 1886)

 

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  CASERTA - S. Nicola La Strada: inaugurato un acceleratore elettrostatico tandem per datazioni fino a 50000 anni fa (18.02.05)

A sollevare gli archeologi e storici dell'arte dal rompicapo dell'attribuzione cronologica, sarà un acceleratore elettrostatico tandem in grado di datare manufatti e fossili risalenti fino 50 mila anni fa. Lo strumento si trova presso il Laboratorio di spettrometria di massa ultrasensibile, una nuova struttura ospitata nell'ex Ciapi di San Nicola La Strada, in provincia di Caserta.

Il laboratorio fa parte del Centro di ricerche isotopiche per i beni culturali e ambientali (Circe), uno dei "tasselli" di Innova, Centro di competenza regionale nato per trasferire i risultati scientifici alle imprese della Campania coordinato da Antonio Massarotti dell'Istituto di cibernetica (Icib) del Cnr di Pozzuoli.

Il Circe e il suo acceleratore sono stati presentati, in occasione della tavola rotonda: "Ruolo delle regioni nella promozione della ricerca e dell'innovazione ai Beni Culturali" svoltasi presso la Reggia di Caserta.

L'apparecchiatura del Circe, di cui esistono in Italia solo altri due esemplari, a Firenze e a Lecce, ma con caratteristiche funzionali differenti, è in grado di datare in pochi minuti anche campioni di un milligrammo, caratteristica che la rende scarsamente invasiva nei confronti dell'oggetto rinvenuto.

"La metodologia di base impiegata" spiega il prof. Filippo Terrasi del Dipartimento di scienze ambientali della seconda Università di Napoli "è quella convenzionale del radiocarbonio 14, che consiste nel misurare nel reperto la quantità di carbonio residua. Il rapporto tra quest'ultima e quella iniziale, ci svela l'età dell'oggetto.

Con la tecnica tradizionale è però necessaria una grande quantità di materiale, in quanto, in un reperto, la presenza di radiocarbonio è molto bassa.

L'acceleratore invece supera questo limite.

Con uno speciale spettrometro riusciamo a individuare e a contare, uno per uno, anche in minuscoli frammenti, il numero di atomi di carbonio 14 presenti nel reperto. Gli atomi estratti vengono accelerati e, quindi, separati rispetto alle specie atomiche e molecolari interferenti".

La rapidità del suo utilizzo consentirà di eseguire circa 2 mila datazioni l'anno.

Al contrario di quanto si possa immaginare, sono in molti, tra enti, istituzioni ed imprese, ad aver bisogno di questo tipo di servizio.

"Già cinque anni fa" spiega Masarotti dell'Icib-Cnr "nell'ambito del Progetto finalizzato beni culturali del Cnr, abbiamo stimato, attraverso un'indagine, che in Italia si richiedevano circa 3.000 datazioni l'anno, effettuate per la maggior parte in laboratori europei e americani.

Ora il nostro acceleratore, più avanzato rispetto a quelli esistenti in Europa, potrà soddisfare non solo le esigenze di chi opera nel settore dei beni culturali.

Numerosi sono, infatti, i suoi campi di applicazione: dall'analisi ambientale alla medicina legale, alla certificazione dell'annata di produzione di vini, all'individuazione di uranio impoverito".

La macchina, acquistata dalla Regione Campania negli Stati Uniti, per un importo di 2 milioni di euro, è solo una delle tante che andranno a potenziare le strutture scientifiche aderenti ad Innova. A questo centro, che ha sede presso il Comprensorio Olivetti di Pozzuoli, afferiscono, oltre al Cnr, sette università campane, i parchi scientifici e tecnologici della regione, il Centro europeo per i beni culturali di Ravello, numerosi enti, oltre 300 professori universitari.

Per informazioni: dr. Antonio Massarotti, Istituto di cibernetica "Edoardo Caianiello" del Cnr, Pozzuoli, tel. 081/8675148, cell. 339/2826296, a.massarotti@cib.na.cnr.it

(Fonte: CNR - Ufficio Stampa

 

 

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  LUSSINO (Croazia): restaurato il bronzo recuperato nel 1999 (7.02.2005)

Dopo quattro anni sono terminati i lavori di restauro della statua greca recuperata nel 1999, nel mar Adriatico, presso l'isola croata di Lussino.

L'opera è presentata sul numero di gennaio della rivista 'Archeologia Viva'.

I lavori sono stati realizzati in collaborazione fra l'Istituto croato del restauro e l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

La statua era stata recuperata nel 1999, completamente coperta di concrezioni, nelle acque dell'isola di Lussino a 45 metri di profondità e rappresenta un atleta greco mentre pulisce lo strumento con cui si deterge il sudore della gara: lo strigile.

Il bronzo era stato individuato da un sommozzatore belga, René Wouters, il 12 luglio 1997, durante un'immersione poco fuori il porto di Lussingrande. Dopo il recupero era stato trasportato presso il Centro sommozzatori della Polizia croata di Lussino e immerso nella piscina delle esercitazioni.

Al momento della scoperta la testa era distaccata dal corpo e la circostanza ha consentito di eseguire una specie di scavo stratigrafico all'interno della statua .

Attraverso il foro nel collo è stato possibile recuperare i depositi accumulatisi all'interno, tra cui un cospicuo nucleo di materiale organico che è risultato appartenere a gusci di noce, noccioli di oliva, di ciliegia e di pesca, tutti con dei piccoli intacchi, assieme a steli di erba morella, una pianta infestante tipica dei luoghi abbandonati.

La scultura doveva trovarsi in uno stato di abbandono e giacere imposizione orizzontale già nel secolo a.C., al punto che l'interno risultava infestato da una colonia di roditori

Infatti si è ritenuto che la statua, prima del trasporto per mare, fosse stata la tana di alcuni topi, che si nutrivano all'interno della gamba destra con la propria 'alcova' dentro il braccio sinistro.

Più tardi, nella seconda metà del II secolo d.C., la statua deve essere stata ricuperata da qualcuno con l'intenzione di tornare ad esporla o di fonderia.

Ma l'intento, non è stato raggiunto: la nave è stata sorpresa da una tempesta e il bronzo deve essere stato gettato in mare per alleggerire il carico o perso nel naufragio.

Per eseguire il restauro nel modo migliore sono state eseguite, sull'intera statua, riprese fotografiche a raggi gamma, che hanno consentito di rilevare in profondità le condizioni del metallo, evidenziandone lo stato di conservazione, le saldature e le incrinature.

Le condizioni strutturali del reperto erano pessime: la gamba ed il braccio destri presentavano un'ampia lacuna insieme a una frattura circolare nella coscia; il braccio sinistro non dava garanzie di potersi sostenere; mancava infine un dito della mano sinistra.

La parte anteriore della statua (l'opera è rimasta per secoli adagiata supina sul fianco destro), protetta dallo spesso sedimento, era in buone condizioni, mentre la parte posteriore, a contatto con la sabbia, si era talmente assottigliata che la superficie era ormai costituita da metallo mineralizzato, strutturalmente poco consistente.

Per il trattamento delle lacune, si è proceduto ad una integrazione cromatica già sperimentata con successo dall'Opificio delle Pietre Dure, ma che non è comune nel restauro di grandi bronzi.

In genere, nel restauro archeologico, le parti d'integrazione, realizzate con una speciale resina, vengono lasciate di un colore grigio-ghisa, che si distingue nettamente dal bronzo o dalla patina bronzea.

Nel caso della statua di Lussino si è ritenuto che questo intervento fosse eccessivamente invasivo e per cui la resina è stata colorata con tinte reversibili, in modo da creare un'omogeneità visiva con la statua, caratterizzata da patine verdi e brune.

Datazioni differenziate per i reperti organici recuperati all'interno: la più antica è il 110 a.C., quella più recente è il 170 d.C. Si è così potuto dedurre che a partire dal I sec. a.C. la statua era in fase di smobilizzo e che sommari interventi di manutenzione o consolidamento, forse collegati al trasporto della stessa, erano avvenuti nella prima metà del II sec. d.C.

Pausania, nella Periegesi della Grecia, pubblicata fra il 160 e il 177 d.C., narra di siti in abbandono, con edifici fatiscenti e invasi dalle erbacce, segno di una decadenza economica e di un diminuito interesse religioso verificatosi in diverse regioni dell'Ellade. Inoltre, si deve tenere presente che, già a partire dalla metà del II sec. a.C., con la 'normalizzazione' romana in Grecia, era cominciata la diaspora delle statue greche, che venivano vendute e trasportate per nave verso le regioni più ricche del mondo romano.

Secondo gli studiosi l'opera molto probabilmente sarebbe stata venduta e trasportata dalla Grecia, verso un porto dell'alto Adriatico, da una nave che intorno alla seconda metà del II sec. d.C. naufragò davanti all'isola di Lussino.

Nel I e II sec. d.C. era normale infatti, che navi romane facessero la spola tra la Grecia e l'Italia, la Spagna o la Gallia, portando statue per residenze cittadine e di ville in campagna o al mare; nel nostro caso forse per la città romana di Absorus (Osor), sulla vicina isola di Cres, o a qualche altra località dell'Istria.

O più semplicemente il bronzo è stato gettato in mare durante una tempesta.

Gli archeologici che l'hanno esaminata sono propensi a datarla alla fine del IV - inizi del III secolo a.C. e quindi vicino cronologicamente alla realizzazione dell' archetipo ispirato a Lisippo. Propendono anche per attribuirla a maestranze greche.

Lo suggerisce, tra l'altro, la bassa percentuale di piombo presente nella lega pari al 3-4%, mentre nel caso di una copia di epoca romana sarebbe salita all'11-20%.

Il restauro ha consentito pure di osservare la presenza d'inserti di rame utilizzati per creare i capezzoli e le labbra, e di ipotizzare il ricorso all'avorio o alla pasta vitrea per la resa degli occhi: tutti segni della volontà di caratterizzare policromaticamente la scultura.

L'opera dovrebbe essere stata realizzata in vista di una collocazione in uno spazio chiuso: ciò sembra suggerirlo dall'assenza di perni per l'ancoraggio sotto la pianta dei piedi come sarebbe stato necessario nel caso di una progettata esposizione all'aperto.

(Fonte: Archeologia Viva, La Repubblica, CulturalWeb)

 

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BRESCIA: scoperti falsari che fabbricavano falsi, resi antichi con un trattamento ai raggi X (05.02.2005)

Un maestro» cerveterano abilissimo nell'imitazione e un tecnico specialista nell'invecchiare così bene i suoi falsi da farli diventare veri.

Incredibile, ma vero. Questo è quanto riuscivano a fare ai danni di musei e collezionisti privati in tutto il mondo.

Erano quasi riusciti ad ottenere il placet del mondo accademico, una loro kylix aveva ottenuto il nulla osta perfino del professor Williams Dyfri direttore del British Museum di Londra.

Sono stati fermati dal nucleo regionale della polizia tributaria delle Fiamme Gialle di Brescia.

I due avevano individuata una tecnica straordinaria per "antichizzare" pezzi di archeologia prodotti oggi, con una metodologia talmente perfetta da superare i più' raffinati esami di laboratorio e da ingannare perfino l'occhio esperto degli archeologici.

L'operazione Kronos, condotta dalla Guardia di Finanza di Brescia e coordinata dalla magistratura del luogo, ha consentito di identificare alcuni falsi archeologici talmente verosimili da superare il monitoraggio condotto con la "termoluminescenza", una tecnica che mercanti d'arte, esperti e responsabili dei musei internazionali utilizzano prima di acquisire un'opera d'arte.

I falsari, un artigiano e un operatore sanitario, "invecchiavano" le opere con bombardamenti di radiazioni in una clinica bresciana utilizzando le apparecchiature usate per le cure oncologiche.

Non solo: l'organizzazione contava altre due persone, fra Lazio e Lombardia, fra le quali un "artista" di Cerveteri che utilizzava per dipingere gli stessi strumenti usati nell'antichita'.

I "quattro", con una vera e propria "invenzione d'autore" avevano scoperto che la "accelerazione lineare", una delle metodologie di cura oncologica, poteva essere applicata con successo per antichizzare gli oggetti.

Le indagini, dal luglio del 2003 al settembre del 2004, hanno consentito di sequestrare 650 ceramiche autentiche, databili tra il III e il VI secolo provenienti da scavi clandestini a Vulci, Cerveteri e Tarquinia e 117 falsi reperti archeologici destinati a due importanti antiquari svizzeri che esercitano la propria attivita' fra il Principato di Monaco, gli Emirati Arabi, il Giappone e gli Stati Uniti.

Fra i reperti artificiosamente antichizzati anche molte copie di originali dell'antica Grecia databili fra il IV e il VI secolo avanti Cristo.

Dalle rogatorie sara' possibile sapere con esattezza quali sono i nomi dei musei internazionali che hanno acquistato le donazioni eccellenti, fra i quali gli investigatori indicano musei americani e giapponesi.

Fra i reperti in vendita anche una coppa attica a figure rosse che, se vera, sarebbe stata un autentico caso scientifico ed economico. In tutto il mondo, infatti, c'e' un solo esemplare autentico con le stesse caratteristiche, ed è la celeberrima Kylix di Euphronios e Oncsimos conservata al Louvre di Parigi.

(Fonte: rivista Italia)

 

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