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Gli O.T.S. e la "1219"

Categorie, qualifiche, definizioni, riconoscimento giuridico

a cura di ANPS Associazione Nazionale Palombari e Sommozzatori

pubblicata da "Immersione rapida M.A.R.E" nel numero n. 11 Gennaio - Febbraio 2002 pp. 108-111 - Per gentile concessione del Direttore Responsabile Marcello Toja

In diverse occasioni è accaduto che professionisti soci e non soci di ANPS direttamente e legittimamente abilitati e coinvolti nelle attività subacquee professionali in «servizio locale», ovvero nella funzione di operatore subacqueo iperbarico addetto ad interventi costieri in ambito di struttura portuale o nelle sue adiacenze, abbiano espresso dubbi e incertezze sulla interpretazione e sull'applicazione delle esistenti normative.

In molti casi, effettivamente, gli operatori in servizio locale, pur trovandosi in perfetta regola e aderenza a quanto prescritto dalle diverse disposizioni nazionali e di circondano, si sono visti e si vedono sottrarre possibilità di lavoro e di intervento esecutivo da parte di subacquei che pure de jure non possono effettuare questi interventi in quanto non regolarmente iscritti presso la locale Capitaneria di Porto o, aggiuntivamente, e peggio, completamente privi di qualsiasi qualifica professionale, di attrezzature adeguate e di alcun criterio procedurale e di sicurezza. La definizione di «servizio locale» riferita all'ambito portuale e alle sua adiacenze può essere, pro parte, paragonata e riferita alla definizione anglosassone di «inshore» (area costiera, litoranea o portuale) contrapposta a quella di «offshore» (area marina di altura).

Queste due aree implicano e contrappongono due ambienti, due mondi industriali e commerciali e due microcosmi distinti di applicazione tecnica di immersione e di lavoro. L'area costiera (inshore) è il tipico teatro di intervento in basso fondale dei palombari e sommozzatori in servizio locale per lavori portuali, acquacoltura, carenaggi e «NDT» (Non Distructive Testing) su carene di navi, costruzioni edili, installazione di scarichi dei reflui urbani e industriali, scavi e colmamenti. L'area di altura (offshore) è il tipico teatro di intervento in alto fondale (senza che comunque il basso fondale ne venga escluso a priori) degli operatori tecnici subacquei dell'industria degli idrocarburi per installazione e collegamento di tubazioni, manutenzione di strutture fisse, «NDT» su gambe di piattaforme fisse, scavi e riparazioni. Inoltre esiste, nella definizione della legislazione anglosassone, l'indicazione di «onshore» con la accezione di area continentale delle acque interne (laghi, bacini idroelettrici, fiumi, sorgenti ecc.) per le quali in Italia non esiste a oggi alcuna prescrizione o normativa ricollegabile, in qualche modo, al corpus juris vigente per le acque marine

La situazione italiana in questo settore, rapportata a quella delle altre nazioni CEE, non è delle più avanzate e risente soprattutto di lacune e carenze di definizione e di ripartizione organica. Queste carenze affondano le radici nella inadeguatezza normativa e applicativa dei riconoscimenti di categoria e di definizione tecnicamente e semanticamente corretta delle figure che tradizionalmente compongono il settore dell'iperbarismo professionale: cassonisti, palombari, sommozzatori, operatori tecnici subacquei, supervisori e responsabili di immersione, tecnici di saturazione ecc.

Veicoli telecomandati di piccole dimensione (LCROV)

Campana aperta (wet bell) piattaforma subacquea per interventi fra i 30 e i 50 metri di profondità

Nè questa situazione appare suscettibile di decisivo miglioramento futuro in virtù, o meglio in difetto, di una relativamente recente proposta di legge (ex n. 2284 e abbinate, rinominata n. 1219 nella XIV legislatura) che non menziona neppure le figure giuridiche e le fisionomie storicamente rappresentative del lavoro subacqueo (cioè palombaro, sommozzatore) e che sta percorrendo per volontà politica il suo iter di approvazione, senza che sia possibile percepirvi l'apporto di competenza dei veri professionisti subacquei alle cui richieste non è stata neppure fornita risposta.

Tre categorie professionali di operatori iperbarici e subacquei addetti ai lavori in mare sono oggi identificabili legalmente in Italia: cassonisti, palombari, sommozzatori.

Oltre alla categoria dei cassonisti (DPR n. 321, 20 Marzo 1956), tuttora giuridicamente riconosciuta, esiste in Italia la categoria dei palombari, legalmente riconosciuta dal Codice della Navigazione (articoli 114 e 116) approvato con Regio Decreto n. 327 del 30 Marzo 1942 e dal relativo Regolamento di Esecuzione (articoli 204 e seguenti) approvato con DPR n. 328 del 15 Febbraio 1952.

Infine, esiste giuridicamente, buona ultima, la categoria dei sommozzatori in servizio locale istituita con decreto ministeriale (DM del 13 Gennaio 1979) dal Ministero della Marina Mercantile.

Il Regolamento di Esecuzione del Codice della Navigazione Marittima, all'articolo 204 specifica l'attività dei palombari in servizio locale e le caratteristiche delle imbarcazioni di appoggio e delle attrezzature di supporto (ad es. pompe e compressori), che devono avere certificazione RINA.

All'articolo 205 dello stesso Regolamento viene descrittivamente specificato il registro dei palombari e vengono definiti i requisiti per l'iscrizione allo stesso. In particolare, al punto 6 del primo comma, viene posto come ultimo possibile requisito quello di: «Avere effettuato un anno di navigazione in servizio di coperta, o avere prestato, per lo stesso periodo, servizio nella Marina Militare in qualità di palombaro».

Se ne desume che ancora oggi chi è dotato di libretto di navigazione e può documentare un anno di imbarco in servizio di coperta, magari a bordo di un peschereccio, di un grosso natante da diporto o di un altro mezzo navale minore, può richiedere e ottenere l'iscrizione al registro dei palombari in servizio locale, pur non possedendo alcuna attestazione di formazione professionale specifica. E chiaramente una situazione di carenza legislativa generata da una vacatio legis che, all'epoca, mirava a consentire la formazione e l'inserimento professionale come palombaro a quanti, pur non provenendo dalla Marina Militare, avevano seguito un effettivo e adeguato processo di addestramento al seguito di qualche palombaro esperto (prima come aiutante, poi come guida, infine come apprendista), unica via percorribile a quel tempo in assenza di scuole riconosciute per palombari civili o commerciali.

In aggiunta alle categorie dei cassonisti e dei palombari, la categoria dei sommozzatori ha ottenuto un riconoscimento giuridico circa un quarto di secolo più tardi di quella dei palombari con il Decreto Ministeriale «istituzionale della categoria dei sommozzatori in servizio locale» del 13 Gennaio 1979 che l'allora Ministero della Marina Mercantile emise ricalcando in buona parte quanto era stato stabilito nel Codice della Navigazione per i palombari in servizio locale. Questo Decreto sancisce, come presupposto della istituzione della nuova categoria, che « ... omissis ... l'attività dei sommozzatori differisce da quella svolta dai palombari sia per la tecnica sia per i mezzi impiegati durante la prestazione omissis..».

All'articolo 3 vengono specificati caratteristiche e requisiti del registro dei sommozzatori in servizio locale, differenziandolo così de jure oltre che de facto da quello dei palombari, e si definiscono, al n. 6 del primo comma, i requisiti e i presupposti di formazione professionale per l'iscrizione a tale registro: avere conseguito il diploma o attestato di qualificazione professionale, con brevetto di sommozzatore professionista o perito tecnico addetto ai lavori subacquei presso un istituto statale o presso scuole o centri di formazione e qualificazione professionale, legalmente riconosciuti dallo Stato, dalle Regioni o, estensivamente, dalle Province alle quali in ambito regionale sia stato demandato questo compito; avere prestato servizio per almeno un anno nella Marina Militare come sommozzatore o incursore o nell'Arma dei Carabinieri o nei Corpi della Pubblica Sicurezza e dei Vigili del Fuoco come sommozzatore.

Appare evidente che la qualifica di palombaro non costituisce di per sé elemento sufficiente per l'iscrizione nel registro dei sommozzatori in servizio locale.

A questo punto decade automaticamente l'attuabilità pratica e giuridica dello stratagemma applicato anche in tempi recenti da operatori subacquei i quali, disponendo di libretto di navigazione, ma non di attestati di formazione subacquea professionale o militare, hanno ottenuto la iscrizione nel registro dei palombari in servizio locale per poi esercitare, di fatto, la attività professionale subacquea con attrezzature da sommozzatore.

Un tale comportamento, oltre ad essere suscettibile di denuncia ai sensi dell'articolo 348 del Codice Penale (esercizio abusivo di attività professionale), può portare alla cancellazione dal registro dei palombari, secondo quanto previsto dall'articolo 207, comma 1, n. 3 del Regolamento di Esecuzione del Codice della Navigazione Marittima.

Da tutto questo derivano e vengono sancite l'impossibilità burocratica e la illiceità di interscambio delle due figure di palombaro e sommozzatore nella esecuzione di attività e di funzioni che pure possono essere assimilate.

In questi casi, coloro che dispongano di giusto titolo e si sentano, ad opera di non aventi titolo, lesi nei propri diritti sanciti e confermati di esercitare l'attività di sommozzatore in servizio locale possono, anzi debbono, presentare denuncia circostanziata presso la stessa Capitaneria. A questo scopo è bene sapere che nella attuale giurisprudenza il reato di omissione di atti di ufficio si configura quando su richiesta esplicita e precisa il funzionario o il responsabile dell'organo esecutivo preposto non intervengano attivamente e fattivamente in presenza di fatto configurabile come evento contra legem o extra legem.

Questo risolve anche il problema che può presentarsi nei casi rari, ma non impossibili, di inerzia o insufficiente competenza decisionale e discriminativa da parte degli organi preposti al controllo e alla tenuta dei registri di palombari e sommozzatori in servizio locale. Un altro aspetto degno di attenzione è costituito dal fatto che non si riesca a individuare, nella legislazione italiana attuale e nelle disposizioni sopra citate, alcuna distinzione o ripartizione degli operatori subacquei in basso e alto fondalisti. La distinzione emerge per le attrezzature (comma 3, articolo 3, della Ordinanza n. 77/92 della Capitaneria di Porto di Ravenna, ripresa e sancita da diverse altre Capitanerie di Porto italiane) con chiara distinzione tra interventi in basso fondale (fino a 50 metri di profondità) e interventi in alto fondale (oltre 50 metri di profondità).

La stessa distinzione non emerge però per i titoli di abilitazione e di formazione professionale degli operatori, attorno ai quali resta ancora un area di incertezza di definizione che lascia spazio per ritenere oggi giuridicamente lecito l'accesso agli interventi in alto fondale a chi possiede i requisiti di base per l'iscrizione al registro dei sommozzatori in servizio locale. Non è trascurabile anche il fatto che da oltre tre lustri sia entrato nel linguaggio corrente dell'industria subacquea la definizione di OTS (operatore tecnico subacqueo) per designare il professionista subacqueo il quale, pur mantenendo l'assetto leggero proprio del sommozzatore (SMZ), non utilizza la maschera nasale e l'autorespiratore autonomo ad aria (ARA), ma opera con il casco in contatto costante e tangibile con la superficie tramite l'ombelicale che gli fornisce, tra l'altro, riserva di aria respiratoria teoricamente illimitata come la manichetta del palombaro (PLB).

Questa figura tecnica (OTS), che si colloca concettualmente tra palombaro (PLB) e sommozzatore (SMZ) e che costituisce il modello oggi dominante di intervento subacqueo professionale in basso e alto fondale, non ha un avallo giuridico nè una menzione descrittiva, sancita da alcuna normativa locale o nazionale, pur lasciandosi intuire talora nebulosamente tra le righe delle disposizioni (come dimostra l'Ordinanza n.77/92 della C.P di Ravenna) che prescrivono l'uso di casco e ombelicale nel lavoro subacqueo industriale.

Questi problemi, altresì già risolti dalle scuole professionali (in Italia HydroCAT di La Spezia, affiliata IDSA) e soprattutto dalle maggiori Ditte e Società di lavori subacquei, che hanno da tempo emesso propri schemi di certificazione (IDSA, International Diving Schools Association), appoggiati a precisi requisiti minimi di iter formativo e di assodata competenza tecnica degli operatori, potrebbero costituire, previ gli opportuni emendamenti, area di consolidamento normativo da parte della citata proposta di legge n. 1219.

A patto che vi s'inseriscano i doverosi inquadramenti di definizione per le distinte figure tradizionali di palombaro (PLB) e sommozzatore (SMZ) e per quella più recente di operatore tecnico subacqueo (OTS).

inserimento del 30 giugno 2002

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