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Le imbarcazioni monossili del Veneto Parte II

di Antonio Rosso - E-mail: info@archeosub.it

in "atti del Convegno: La ricerca archeologica dalla preistoria all'alto medioevo - Castello di Villalta 24-25 settembre 1983"

un articolo, con taglio divulgativo, "Piroghe senza mito" è stato pubblicato su "Archeologia Viva" nel numero 5/6 di maggio/giugno del 1987

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Nota: per ragioni di rete il contributo è stato duddiviso; parte I: Premessa, aree di ritrovamento, Fimon, Bacchiglione e parte II: Brenta, altre aree, materiali, età, conservazione, conclusioni con un collegamento alla bibliografia

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Fiume Brenta

Il Brenta ha restituito almeno sei esemplari di monossili (Tav. 3), la cui lunghezza non è mai stata inferiore ai sette metri e con tipologia simile agli esemplari rinvenuti nel Bacchiglione.

Il primo ritrovamento è avvenuto a Piazzola sul Brenta nel 1956, più precisamente in località Salina Bergamin a un chilometro dal centro abitato (nota 11), successivamente altri reperti sono stati rinvenuti a Pontevigodarzere, a Limena e a Pieve di Curtarolo in località Palazzina di Pieve (nota 12).

Qui era stato segnalato anche un monossile che portava un idolo di legno scolpito sulla prua: l'esemplare, purtroppo, è andato perduto.

Quello di Limena (PD) è l'ultimo ritrovamento. Risale al 1977 ed è stato reso possibile per una eccezionale magra del fiume che ha messo in luce una estremità dell'imbarcazione che è stata successivamente recuperata (Sig. Martinello, Municipio di Limena).

 

TAV. 3 

Anno di
ritrovamento

Località

N. esemplari

Descrizione e osservazioni

Riferimenti

1956

Piazzola sul Brenta

Almeno uno

Lunghezza m. 8.50; larghezza m. 0.90. Spezzatasi durante il recupero in due frammenti di cui uno lungo 6 metri (foto 4).

Gasparotto 1959, pag. 13
Gallo 1964, pag. 15
Prosdocimi 1973, pag. 39 e foto 5

1959-1961

Pieve di Curtarolo

2

Monossili in legno di quercia con bordi sottili.
Lunghezza m. 10 circa. Circonferenza max m. 2 (foto 5). .

Gasparotto 1959 pag. 93
Prosdocimi 1973 pag. 38

1

Un monossile (perduto) con idolo scolpito a prua.

Gasparotto 1959, pag. 93

Anteriore al 1973

Pontevigodarzere

1

Non descritto

Prosdocimi 1973, pag. 38

1977

Limena (PD)

1

Lunghezza m. 7.40; larghezza massima m. 0.85;altezza sponde m. 0.60

Sig. Martinello, Municipio di Limena (PD) (Comunicazione personale)

 

 
Foto 4: Frammento della piroga recuperata nel 1956 a Piazzola sul Brenta
Foto 5: Frammenti dell'imbarcazione rinvenuta nel 1961 a Pieve di Curtarolo nel fiume Brenta

 

Altre località

A parte una segnalazione non confermata del ritrovamento nei dintorni di Mestre di resti simili ad una imbarcazione pre-romana (nota 13), l'unico ritrovamento di monossili in località diverse da quelle citate è avvenuto nel 1893 a Lova, una località al margine della Laguna di Venezia tra Mestre e Chioggia (Tav. 4 e foto 6) durante la sistemazione di un canale chiamato Scolo Vecchio Cornio, a 2,45 metri di profondità dal livello medio delle alte maree (comune marino) (nota 14).

A sezione semicilindrica al centro, con una estremità più rilevata di 20 centimetri dell'altra, presenta in ciascuna di queste degli intagli particolari, mentre il fondo vi si raccorda pure con angolazioni diverse.

 

 TAV. 4

Anno di
ritrovamento

Località

N. esemplari

Descrizione e osservazioni

Riferimenti

1983

Lova (VE)

1

Lunghezza m. 6.10
Larghezza m.0.85 (al centro); m.0.74 (presso le estremità), altezza m. 0.48 (al centro), profondità di escavazione m.0.40; spessore bordi mm.5 circa; sezione semicilindrica (al centro); scavato in un tronco di quercia (foto 6).

Anonimo 1884
Bertoldi 1893
Leonardi 1941
Gallo 1964, pag. 15
Castiglioni 1967, pag. 44 e fig. 7 n. 3
Castiglioni-Calegari 1978, pag. 171

 

 
Foto 6: La piroga di Lova (Museo Civico di Storia Naturale di Venezia)

 

Materiali costruttivi

Il legno delle monossili rinvenute ed esaminate è sempre stato attribuito a quercia in concordanza con quanto trovato in altre località italiane dove solo saltuariamente è stato usato il castagno (CORNAGGIA CASTIGLIONI 1967). Cosa comprensibile in quanto il querceto è l'associazione forestale a latifoglie che ha predominato nel postglaciale sostituendo i precedenti boschi di conifere.

La quercia, del resto, soprattutto la varietà farnia (Quercus peduncolata) è la più adatta a questo uso essendo particolarmente robusta e resistendo a lungo anche immersa.

Questa varietà (è la quercia italiana di maggior mole) può raggiungere i 30-50 metri di altezza e due metri di diametro ed è estremamente longeva riuscendo a sopravvivere fino ad un millennio; il suo legno è pesante, ma facile a lavorarsi e particolarmente pregiata risultava la quercia dei boschi padani e della Croazia.

 

Età delle monossili

Solo due esemplari sono stati datati. (nota: al tempo della pubblicazione, 1983). Un monossile di Fimon, attribuito al 2630 a.C. mediante analisi radiometrica al C14 è stato ascritto al bronzo antico padano (CORNAGGIA CASTIGLIONI - CALEGARI 1978). Risulterebbe pertanto l'imbarcazione con la maggior età rinvenuta in Italia, a meno che non venga confermato appartenere ad una piroga un frammento rinvenuto nel lago di Viverone (Vercelli) datato al 3060 a.C. (FOZZATI 1982).

Molto più recente la datazione di una piroga di Selvazzano: VII sec. d.C. (FOGOLARI 1976). Tanto recente che alcuni avevano avanzato dubbi in proposito, anche perché alcuni esemplari assai simili rinvenuti precedentemente nel Brenta e nel Bacchiglione erano stati ritenuti appartenere all'età del Bronzo o inizio di quella del ferro (GASPAROTTO 1959).

L'esemplare di Lova invece si ritiene appartenga ad età protostoriche se non storiche anche per la bassa profondità a cui è stato rinvenuto (- 2,4 metri dal piano campagna).

In età romana, infatti, Servio scrive dei «Lintres» come imbarcazioni leggere spesso scavate in un solo grosso tronco di albero e Strabone riferisce di «canoe scavate» di normale uso in Lusitania e nel Guadalquivir.

Le problematiche aperte da simili datazioni, del resto, non sono proprie solo dell'area veneta: nel lago di Monate (Varese) si sono trovate delle piroghe risalenti dai primi secoli dell'era volgare fino all'XI secolo d.C. e nel lago Trasimeno si è trovato un esemplare che con l'età assoluta di 744 +110 anni, appartiene al XIII secolo.

L'arte di fabbricare piroghe e di usarle, non è stata propria, quindi, solo di epoche antiche ma, sia pure per esigenze particolari, è continuata molto più a lungo, fino in tempi relativamente recenti.

 

Stato attuale di conservazione

Non sempre gli esemplari recuperati sono apparsi in buone condizioni essendo spesso mutili e, in alcuni casi, quasi sfasciati. Nel recupero, poi, si sono usate sovente tecniche non idonee e, soprattutto nel passato, non sono stati sottoposti a trattamenti di conservazione appropriati.

Cosicché, nonostante siano stati numerosi i ritrovamenti, oggi è possibile osservare solo poche di queste imbarcazioni in quanto in gran parte andate disperse o deteriorate.

Ci si è sempre affidati infatti alla naturale essiccazione e non sempre si è stati fortunati`come con il reperto di Lova, visibile al Museo di Storia Naturale di Venezia, nel quale, perché il legno era già interessato da un parziale processo naturale di carbonizzazione le conseguenze di un incontrollato processo di essiccazione non sono state drammatiche, pur essendo evidenti.

Dei ritrovamenti avvenuti attorno al lago di Fimon non è rimasto alcun esemplare: rimangono dei disegni quotati e dei calchi in gesso.

Tranne il monossile di Limena conservato presso una sala congressi, pochi resti rimangono anche dei ritrovamenti effettuati nel Brenta, oggi custoditi nel Museo Civico agli Eremitani di Padova. Analoga sorte hanno subito gli esemplari rinvenuti nel Bacchiglione con l'eccezione dei due monossili recuperati nel 1972 a Selvazzano che sono stati trattati con la necessaria, anche se costosa, tecnologia dell'impregnazione con il PEG e sono, nel Veneto, gli unici due reperti consolidati scientificamente.

Significativa inoltre la vicenda che ha coinvolto l'esemplare rinvenuto alla Cucca di Montegaldella. Dal momento della sua individuazione, infatti, venne fatto oggetto di numerose visite in immersione allo scopo di accertare che non si verificassero delle condizioni che avrebbero potuto danneggiarlo. Una volta non fu più trovato. Successivamente si è saputo che alcuni privati l'avevano recuperato, portato nel giardino di una villa nel paese di Cervarese (PD), dove tuttora si trova sopra due cavalletti di ferro, senza alcuna protezione, parzialmente danneggiato e destinato al totale disfacimento.

 

Conclusioni

Dalle descrizioni riportate, sia pure spesso sommarie, appare che la tipologia di molte imbarcazioni sia simile, ma mancando i relativi disegni quotati e le datazioni non è possibile, salvo gli esempi citati, collocarle in un contesto temporale o fare confronti diretti.

Una certa uniformità di stili, del resto, appare plausibile in quanto le aree di ritrovamento sono prossime le une alle altre e per di più situate in una zona di pianura dove nel volgere dei secoli i fiumi Brenta e Bacchiglione hanno modificato innumerevoli volte il loro corso fino a scambiarsi alveo: recenti studi sembrano infatti avvalorare l'ipotesi che l'attuale Bacchiglione occupi un antico alveo del Brenta.

E' certo che le imbarcazioni monossili venete, singole o doppie, ebbero un uso polivalente e venissero impiegate su distanze più o meno lunghe: la prima Padova viene ipotizzata come «un villaggio di piccole capanne rotonde collocate lungo la riva del fiume, sostenute da pali confitti nel terreno...» in cui «... fondamentale... fu il corso d'acqua sul quale gli antichi paleoveneti correvano con le lunghe piroghe ricavate da grandi tronchi di quercia fino al mare Adriatico...» (GORlNI 1978) (nota 15) idea desunta, probabilmente, dai resti del villaggio scoperto a Padova (nell'area dell'ex Storione) costruito su «una grande gettata di tronchi d'albero» vicino ad un corso d'acqua, dove si sono rinvenuti gusci di molluschi marini.

Si ritiene, tuttavia, che il loro uso principale, almeno nel Brenta e Bacchiglione, fosse stato di servire come traghetti; in età romana, ad esempio, tale uso è documentato anche nella colonna traiana; utilizzo che potrebbe essersi conservato a lungo anche in età recenti.

Purtroppo, soprattutto per i ritrovamenti avvenuti nel Brenta e Bacchiglione, mancano anche i dati più elementari: di alcuni non si conosce neppure la posizione precisa di rinvenimento e le dimensioni del reperto.

E' auspicabile che presto la situazione si rovesci e, ad esempio, vengano compiute prospezioni «in situ» ad opera di subacquei con il prelievo di campioni ed il rilevamento della giacitura e delle quote dimensionali essenziali.

Non sempre è inoltre preferibile che venga effettuato un immediato recupero per gli evidenti e noti problemi che comporta la successiva conservazione.

Si potrebbe tuttavia creare, ad esempio, uno scalo subacqueo, in località idonea, dove convogliare i reperti, costruito con semplici gettate parallele di calcestruzzo dove alloggiare le monossili ricoprendole poi di uno spesso strato protettivo di sabbia. Una loro movimentazione, in acqua, non crea problemi insormontabili e anche la sorveglianza sarebbe facilitata in attesa dei risultati delle analisi chimico-fisiche sui reperti e/o dei fondi per la loro definitiva destinazione.

La costituzione di una opportuna banca dati su elaboratore o con schede standard per ogni reperto rinvenuto, almeno in Italia, permetterebbe poi di facilitare l'inserimento di ogni successivo ritrovamento nel quadro generale.

 

 

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Bibliografia

o ritornare alla parte I: Premessa, aree di ritrovamento, Fimon, Bacchiglione

 

 

Note relative ai capitoli sopradescritti

(11) «... in mezzo al fiume, al centro di una retta fra Piazzola e Campo S. Martino, il 9 Marzo 1956, fu trovata, a 80 centimetri di profondità... Era infissa capovolta, trasversalmente al greto del Brenta. Conserva intatta la poppa ma all'estrazione andò rotta in due pezzi.

... la tecnica di lavorazione denuncia l'uso di strumenti metallici: età del bronzo o inizio di quella del ferro». (Gasparotto, op. cit. pag. 13).

«Nel marzo del '56 in località spiaggia Bergamini a Piazzola... si trovarono i consueti grossi tronchi di albero alla profondità di circa 7 metri dal piano della attuale campagna, e fra essi vennero alla luce due interessanti frammenti di imbarcazione, uno dalla parte di prua, per la lunghezza di m. 6, I'altro di poppa più corto». (Prosdocimi op. cit. pag. 38).

«Nel luglio del 1961 venivano alla luce presso Piazzola sul Brenta... altre due canoe di epoca preromana. Una misura circa 4 metri di lunghezza l'altra quasi otto.

... La professoressa Cesira Gasparotto di Padova, ... dichiarò tosto trattarsi di mezzi di trasporto incavati su di un unico tronco d'albero, in U90 verso il 1000 ed il 1100 avanti Cristo». (L. Gallo op. cit. pag. 15).

Qui si ritiene inesatto il riferimento alla località: la data si riferisce infatti al ritrovamento di Curtarolo, così come le foto allegate al testo sembrano riprodurre i monossili ancora di Curtarolo.

 

(12) «... nel 1959 e nel luglio 1961, ... nel corso di scavi per l'estrazione della sabbia del fiume (Cantiere Fratelle Tellatin), furono scoperte due piroghe scavate in un tronco di quercia... (... a 100 metri dal luogo di ritrovamento delle piroghe fu avvistata una palafitta fluviale non esplorata)». (Gasparotto op. cit. pag. 93).

Secondo Prosdocimi (op.cit. pag. 38) «Nel luglio del '59 si trovarono... a Pieve di Curtarolo, altre due imbarcazioni una conservata per la parte di poppa, I'altra per la parte di prua, anche queste, come le due precedenti (cioè quelle di Piazzola) molto leggere e con i bordi sottili».

 

(13) «... Il dottor Vannino di Sambruson nel 1955 donava all'erigendo museo mestrino e di terraferma dei resti simili ad una imbarcazione pre-romana attribuiti alla età paleolitica». (Gallo op. cit. pag. 15).

 

(14) «... Essa giaceva trasversalmente all'asse del canale, in parte sotto l'alveo ed in parte sotto il vecchio argine sinistro.

... nella zona circostante... vennero trovati vari oggetti di età romana come monete di Traiano e Faustina, frammenti di materiale laterizio, anfore, un vaso cinerario in vetro, ed un'e~teso strato dello spessore di circa 40 cm di frantumi di mattoni e tegole romani che secondo il Gidoni (lo scopritore) potrebbero corrispondere alla posizione dell'antico vico romano) di Lupria. Tutti questi oggetti e detriti di età romana, ... sono stati rinvenuti tra m. 1,35 e m. 1,10 di profondità sotto il comune marino.

Assai vicino alla barca alla profondità di m. 1,45, venne pure rinvenuta una mola di pietra di età indeterminata». (Leonardi op. cit. pag. 302-304).

 

(15) La medesima ipotesi era stata già espressa in Prosdocimi (1973 op. cit. pag. 39) e in Fogolari (1976).

« .... al mare si arrivava lungo i rami del Brenta per rifornirsi ad es. di sale e di pesce (conchiglie marine nell'abitato dello Storione). Le grandi piroghe ritrovate a Selvazzano nel 1972... pur risalendo al VII sec. d.C.... documentano l'esistenza di un cabotaggio che è logico ritenere presente anche in età paleoveneta». (Fogolari op. cit. pag. 17).

 

 

Ringraziamenti

Un doveroso ringraziamento va alla Soprintendenza Archeologica per il Veneto, in particolare alla prof.ssa B.M. Scarfì per la benevolenza con cui ha accolto queste note; al Sub San Marco di Venezia e al Club Sommozzatori Bacchiglione di Padova per l'appoggio logistico fornito nelle immersioni; ed infine un grazie particolare al sig. N. Pezzato il quale, oltre che come subacqueo, è stato di valido aiuto nella ricerca bibliografica e fotografica fungendo anche da tramite con il Museo Civico di Padova, che qui si vuole pure ricordare, nonché per la segnalazione di alcuni esemplari da lui rinvenuti.

 

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