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Archeoforum A
La formazione in generale: dell'archeologo subacqueo, degli O.T.S., degli operatori tecnici e del volontariato
Spazio aperto dedicato alla discussione di idee, opinioni e contributi allo sviluppo dell'archeologia italiana, in particolar modo al settore subacqueo
Introduzione:
Moltissime le richieste a www.archeosub.it di informazioni su come divenire archeologi subacquei.
Tema dominante la difficoltà di iniziare: come fare a divenire archeologo subacqueo e quale didattica perseguire.
A distanza di 20 anni dai primi corsi per amatori si sono attivati dei corsi universitari.
Ma è cambiato veramente qualcosa? Le difficoltà di allora sono le stesse di oggi? Cosa fare per migliorare?
Le università preparano? E dopo la laurea e la specializzazione.....?
Un punto di riflessione è l'editoriale "Archeologia Subacquea e riforma dell'Università" di G. Volpe su L'archeologo subacqueo (maggio-agosto 2000)
Contributi:
vorrei rispondere alla lettera della dott.ssa C.
Il fatto che nessuno all'Università di Genova abbia accettato di assegnarle una tesi in archeologia subacquea mi sembra indice di serietà. I docenti dovrebbero infatti assegnare sempre tesi su argomenti che controllano e non su ciò di cui non si occupano.
Che io sappia, in quell'ateneo non vi sono docenti impegnati in ricerche subacquee per cui, se i suoi interessi sono veramente rivolti all'archeologia subacquea, dovrebbe forse rivolgersi ad un'altra università. In Italia, come avrà notato anche in questo sito internet, vi sono più docenti che insegnano questa materia, ciò che manca, piuttosto, è la possibilità di fare delle esperienze di ricerca sul campo.
Rimane il fatto comunque che dire che lei vuole fare una tesi in archeologia subacquea non significa nulla. L'archeologia subacquea è una tecnica di lavoro e basta (anche se ad alcuni miei colleghi questo non piace...).
Se la tematica che lei intenderebbe sviluppare è la tecnica di ricerca allora dovrà cercarsi un docente con questo tipo di esperienza, se invece i suoi interessi sono il commercio, l'archeologia navale, le strutture sommerse, gli insediamenti perilacustri ecc., allora potrà cercarsi anche un docente, non per forza esperto di indagini subacquee, che conosca bene questi ambiti di ricerca. Per quel che riguarda l'ambito commerciale, ad esempio, a Genova troverà sicuramente qualcuno.
Rispondo anche alla sua domanda su cosa si debba fare per diventare un archeologo subacqueo.
Attualmente, a mio parere, può definirsi archeologo subacqueo, ossia archeologo in grado di operare sott'acqua, un laureato in Lettere con indirizzo archeologico o in Conservazione dei Beni Culturali (laurea triennale o 3 + 2) che abbia una buona esperienza pratica di ricerca o tutela in giacimenti subacquei. A quest'esperienza pratica comunque dovrà possibilmente accompagnarsi una buona conoscenza di base su tutti i tipi di evidenza archeologica che è possibile incontrare sott'acqua.
Spero di essermi spiegato.
Carlo Beltrame (Docente di Archeologia navale presso l'Università della Tuscia e di Archeologia marittima presso l'Università Ca' Foscari di Venezia).
(marzo 2003)
Salve, mi chiamo C. , ho letto con grande interesse i contributi presenti nel forum perché in essi mi sono letteralmente riconosciuta: ho partecipato ai corsi estivi di Ustica; ho preso un brevetto O.T.A.S. e stavo per pagare un sacco di soldi per uno dei cosiddetti corsi "professionali" da 600 ore!
Dopo aver letto i vari interventi pubblicati ho ormai capito cosa non bisogna fare per diventare archeologo subacqueo, però mi sembra che NESSUNO abbia mai spiegato quale sia l'ITER GIUSTO DA SEGUIRE (se invece qualcuno l'avesse fatto mi scuso per la mia mancata conoscenza).
Dire che solo le Università e le Soprintendenze possono occuparsi di archeologia subacquea mi sembra, in realtà, un modo per non rispondere.
Vi porto il mio esempio: sono laureata in Conservazione dei BB.CC.a Genova e quando ho chiesto di fare una tesi di archeologia subacquea ho ricevuto risposte negative da entrambe le istituzioni, al massimo mi permettevano (con molte difficoltà) di studiare della ceramica, ma di acqua neanche a parlarne!
Ho creduto che il rifiuto fosse dovuto alla mia scarsa esperienza di lavoro archeologico in acqua (visto che sono una guida subacquea e quindi l'acqua di per sé non dovrebbe essere un gran problema)e ho chiesto come colmare tale lacuna; non hanno saputo cosa dirmi. La tesi di archeo sub quindi è saltata; ho riprovato quest'anno quando mi sono iscritta alla Scuola di Specializzazione, sempre in Archeologia, a sondare il campo per vedere se nel frattempo fosse cambiato qualcosa ma niente, nessuna risposta positiva.
Io sarei ben felice di trasferirmi in un'altro Ateneo, ma dovrei prima scoprire dove l'archeologia subacquea è una disciplina realmente viva ed attiva!
In conclusione mi sembra che la questione sia ancora poco chiara, o almeno per me lo è!.
(marzo 2003)
Ho letto con molta attenzione gli interventi della Prof. Auriemma e del Dr. Felici e devo ammettere che alcune cose continuano ad non essermi chiare.
E' evidente che l'archeologo subacqueo innanzitutto è "archeologo" e, quindi, deve conseguire una laurea idonea; però, è anche un subacqueo e, quindi, dovrebbe aver ricevuto un addestramento specifico, anche se potrebbe andar sott'acqua da autodidatta senza possedere alcun brevetto.
Se l'università forma l'archeologo, ma non il subacqueo, che corsi o scuole si devono frequentare per diventare "archeologo subacqueo" e che titoli relativi alla competenza subacquea possiedono gli archeologi subacquei italiani?
L'archeologo, sott'acqua, si limita a studiare il sito con un'attività di modesto impegno fisico, simile a quella del subacqueo sportivo-ricreativo, o esegue anche operazioni gravose di vero e proprio "lavoro" subacqueo?
In quest'ultimo caso non dovrebbe essere necessaria la qualifica professionale di sommozzatore e la certificazione medica di idoneita al lavoro subacqueo?
Che titoli o qualifiche professionali e/o subacquee possiedono i tecnici dipendenti o collaboratori delle Soprintendenze e, in ultima analisi, coloro che di fatto svolgono interventi subacquei durante gli scavi archeologici?
Spero che questi miei interrogativi trovino presto una autorevole risposta.
Grazie per lo spazio e concessomi.
Un subacqueo appassionato di archeologia.
(ottobre 2002)
Parlando di didattica, diamo ora voce anche ai professionisti per cercare di capire come opera la formazione professionale subacquea "Didattica e certificazione) Evoluzione storica e stato dell'arte" e quale è il riconoscimento giuridico degli O.T.S. "Gli O.T.S. e la 1219 - categorie, qualifiche, definizioni, riconoscimento giuridico".
Il primo tema è trattato da Giulio Melegari Mazzoni, il secondo dall' ANPS Associazione Nazionale Palombari e Sommozzatori. Ambedue gli articoli sono tratti dalla rivista "Immersione Rapida M.A.R.E., gentilmente concessici per la divulgazione dal direttore responsabile Francesco Toja. (luglio 2002)
Vorrei offrire la mia consulenza alla dottoressa che, nel forum, esprime le sue legittime, ma non del tutto corrette, lamentele.
Io sono reperibile all'orario di ricevimento, ossia dopo le lezioni della laurea specialistica o su appuntamento (tel. 3381221017) presso la sede del Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente di S. Polo (VE). (Dott. Carlo Beltrame)
(marzo 2002)
Salve, mi chiamo ............. e mi sono laureata da alcuni mesi in BB.CC.. indirizzo archeologico. Sono sub sin da ragazzina e ho abbracciato il settore dell'archeologia subacquea con non pochi problemi qui in Italia, visto il "difficoltoso" interesse da parte della mia Università.
Ho notato che la maggior parte dei fantomatici corsi/campi scuola qui in Italia sono delle vere e propri prese in giro, in quanto, in confronto a quelle che sono le opportunità offerte dalle università straniere, il prezzo minimo chiesto per ogni campo scuola è almeno di L 2.000.000 quando lo scavo subacqueo dovrebbe essere un nostro diritto di studenti e non una concessione a pagamento! Se poi la mettiamo che tutto gira intorno ai soldi allora...
Comunque la mia vuole essere solo una critica costruttiva: da mesi sono in contatto con diverse Università americane, australiane, greche e francesi e sto cercando (disperatamente) di ottenere una borsa di studio per poter andare via dall'Italia (mio malgrado) perché qui o non si lavora o si lavora male, per specializzarmi nel settore dell'archeologia navale e della documentaristica subacquea, vista la mia passione e le mie competenze acquisite nel corso di questi anni grazie ad un valido Master in BB.CC.. e turismo e una successiva borsa di studio conseguita c/o un CNR.
Vorrei segnalarvi l'assoluta mancanza di competenze in questo settore qui in Italia, cosa che sicuramente potrebbe essere risolta con collaborazioni valide tra le università italiane e straniere (INA soprattutto) e mi riferisco in particolar modo all'Università di Venezia, molto valida dal punto di vista della operatività in ambito archeologico navale, ma , dal mio punto di vista ancora in fase embrionale.
Vi ringrazio per la "pazienza" e l'attenzione...e se fosse possibile mettermi in contatto con qualcuno che ha le mie stesse ambizioni o che mi possa dare una mano ve ne sarei grata. Grazie ancora
Attendiamo, qualche offerta positiva da girare all'interessata. Per ragioni di privacy il nominativo sarà fornito solo dopo il relativo permesso.
(gennaio 2002)
su L'archeologo subacqueo anno VII, n. 2 (20), maggio-agosto 2001 è stato pubblicato il seguente articolo sui corsi per operatori e con il consenso dell'autrice, la prof.ssa Rita Auriemma, lo proponiamo sul forum come elemento di discussione e attendiamo eventuali risposte.
La formazione tecnica in archeologia subacquea: un Far West tutto italiano
Le "antiche subbaqquerie" non allettano solo improbabili annunciatrici: numerosi segnali mostrano che l'archeologia subacquea è, anche dal punto di vista della formazione, terra di nessuno, da colonizzare e mercificare... Sgombriamo subito il campo, tuttavia, con l'ovvia considerazione che in queste pagine si va da tempo ripetendo: l'archeologia non è un hobby ma una professione, sia per chi la pratica sia per chi la insegna, e come tale ha appunto bisogno di professionalità scientifica, che si può acquisire esclusivamente presso le Università.
Le attività spacciate al pubblico come "didattiche", che si stanno moltiplicando, rischiano di creare una totale anarchia, che può creare confusione e false aspettative in chi vi si accosta da volontario o appassionato. Molti appassionati e studenti si rivolgono all'Associazione Italiana Archeologi Subacquei proprio per chiedere indicazioni sul come avvicinarsi a questa disciplina. E dunque giunto il momento di affrontare la questione; l'AIASub, che ha tra le proprie finalità statutarie la tutela della deontologia professionale, ha perciò intrapreso su questa articolata galassia un'indagine conoscitiva ancora in corso, della quale anticipiamo - in estrema sintesi - alcuni risultati.
In questo campo, in Italia, si stanno muovendo i soggetti più disparati: le Federazioni Sportive, a cui si agganciano strettamente le Associazioni Sportive, i Diving Centers, e, talora, i privati; alcuni Enti di Formazione, associati alle Regioni, nonché, in alcuni casi, alle Federazioni o a privati; alcuni Istituti e Organizzazioni Nazionali.
Delle scuole che tentano di vendere corsi di formazione di livello regionale che rilascerebbero la qualifica di "archeologo subacqueo", si è occupato l'editoriale del numero scorso. Basti ricordare che si tratta semplicemente di corsi per sommozzatori professionisti, strutturati su oltre 600 ore praticamente quasi tutte dedicate a materie iperbariche e alla sicurezza (giustamente, essendo corsi per sommozzatori; I'archeologia però non c'entra niente).
Federazioni sportive. Molto attiva nel campo è la Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee (Fipsas) del CONI, con Corsi di Istruttore di Archeologia Subacquea e Corsi di Operatore Tecnico in Archeologia Subacquea (OTAS), in varie regioni d'ltalia (spiccano il Veneto, la Calabria e la Sicilia). Attività didattiche sono organizzate da Club di sommozzatori, Associazioni Sportive e Diving Centers.
Più essenziali sono le proposte della PADI o della SSI, che organizzano semplici Corsi di Specialità, senza distinzioni e gerarchie, con il rilascio del solo e onesto brevetto sportivo. Per quanto concerne l'Italia, particolarmente intensa è l'attività della Fipsas, come si è detto, con due livelli di corsi: l'operatore tecnico, figura di supporto, e l"'istruttore archeologo"... In pratica fra le due figure non c'è distinzione, se non irrilevante; in entrambi i casi non si chiede una formazione archeologica di base, cioè né la laurea né, almeno, l'iscrizione ad un corso di laurea ad indirizzo archeologico
La durata è ovviamente ridotta, per non dire insignificante: i corsi OTAS, densi di argomenti (anche se spesso si tratta di duplicazioni o moltiplicazioni della stessa materia o di pseudomateria: l'esercizio pratico del rilevamento altimetrico consiste nella lettura dei profondimetri...), hanno una durata media di 40 ore, di cui 16 teoriche comprendenti anche cenni di discipline molto complesse e specialistiche, quali la paleobotanica, la sedimentologia, la dendrocronologia, l'informatica, la fotogrammetria, ecc.
Particolarmente frequenti sono proprio i corsi OTAS, al termine dei quali la Fipsas rilascia il "brevetto nazionale" di "Operatività in Archeologia Subacquea". Tra gli orientamenti generali si professa la non ingerenza negli aspetti squisitamente archeologici, contraddetta però dall'esperienza pratica dei campi scuola; e comunque, non si tratta di una posizione univoca: nel programma del corso OTAS del Club Sommozzatori Siracusa (affiliato Fipsas), si legge - sorprendentemente - che «l'operatore OTAS è un tecnico specializzato nelle operazioni di ricerca, di rilevamento e recupero dei reperti archeologici sommersi, nell'ambito di un cantiere di scavo».
Inoltre, in una relazione della Direzione della Scuola Federale di Archeologia Subacquea di Venezia (affiliata Fipsas), tra gli obiettivi del corso di Archeologia Subacquea figura la preparazione ad «operazioni di rilevamento e di documentazione su di un sito archeologico mediante simulazioni di attività di cantiere... L'insegnamento è stato perciò finalizzato alla soddisfazione del cliente, comprendendo non solo gli allievi che frequentano i corsi, ma anche il cliente finale, cioè il Ministero per i Beni e le Attività Culturali». Trattandosi di corsi di taglio amatoriale, è evidente come queste pretese siano assurde.
Si potrebbe obiettare che il tecnico OTAS non si sostituisce all'archeologo ma lo coadiuva (e come altro potrebbe essere?). Va però ribadito che anche la prospezione e il rilevamento devono essere "prodotti" scientifici e come tali debbono essere eseguiti con la supervisione ed il controllo di archeologi professionisti; un principio che però spesso non è rispettato. Del resto, l'incongruenza e l'approssimazione traspaiono dagli stessi programmi di insegnamento: si nota, a titolo di esempio, la curiosa equivalenza, tra le materie di uno di questi corsi, di Archeologia Navale e Uso di Metal Detector o Uso di Maschera Granfacciale....
Aspetti emblematici dello stato in cui versa l'archeologia subacquea italiana si colgono nei corsi organizzati dai Diving Centres: in alcuni l'Archeologia Subacquea figura tra le "specialità diverse", insieme alla Fotografia Subacquea, alla Biologia Marina PADI, alla Muta Stagna e all'Aria arricchita Nitrox. In un centro della Sardegna il programma prevede addirittura lo scavo di un relitto, senza altro requisito che un brevetto di 1° livello e 20 immersioni certificate. Ciò è quantomeno singolare, dato che per la partecipazione a cantieri archeologici "terrestri", didattici o meno, occorre almeno essere studenti di un Corso di Laurea in Lettere ad indirizzo archeologico o di Storia o di Beni Culturali, se non addirittura laureandi o specializzandi; in acqua, dove comunque l'archeologia resta tale, cioè una disciplina scientifica, basta evidentemente la maggiore età!
D'altronde, lo stesso criterio è adottato anche in corsi un po' meglio strutturati, anche di Associazioni sportive o privati, come quelli dell'Istituto per le Attività Subacquee (IAS) di Palermo, a cui possono partecipare "tutti i soggetti seriamente interessati e motivati ad apprendere e mettere in pratica un metodo scientifico di scavo archeologico subacqueo". Lo stesso IAS, con la NASE, organizza corsi di "Archaeology Instructor", figura non meglio definita che potrà comunque rilasciare l"'Archaeology Diver", un brevetto «creato per sensibilizzare e introdurre gli allievi nel mondo della ricerca archeologica, al rispetto e alla tutela dei beni storico-archeologici subacquei, divulgando, così, la cultura della conoscenza e dell'approccio al ritrovamento subacqueo». I nove istruttori (licenziati dal corso svoltosi nel settembre 2000 e, particolare non insignificante, rappresentanti di diving centers) «potranno così avviare programmi di prospezione, ricerca e corsi di archeologia subacquea»: quanto, cioè, potrebbe fare un professore associato....
L'iniziativa prevede lo sviluppo di itinerari archeologici subacquei, ricerca e prospezione sulle coste, addirittura una «mappatura nazionale dei beni archeologici subacquei». Ancora il corso «non si inquadrerà come speciality ma come qualificazione professionale archeologica, seguirà rigide procedure e standard, alfine di creare una nuova figura altamente specializzata». Specializzata, ci chiediamo, a fare cosa?
Conclusioni. Da questo rapido excursus, balza agli occhi come molti soggetti stiano rincorrendo il miraggio di allestire scuole e centri di formazione in archeologia subacquea. Appare però anche evidente che gli obiettivi di queste imprese non sono affatto chiari, e che tutto è giocato sul filo della confusione tra attività sportiva e preparazione professionale. Mentre la prima rimane un passatempo, del tutto inutile sul piano pratico (e così deve essere), la seconda può avere una sua ragion d'essere, ma solo a condizione che siano rispettati certi requisiti
La formazione, in ogni caso, può essere impartita solo sul piano tecnico, destinandola ad aspiranti operatori che potrebbero in teoria coadiuvare nel lavoro gli archeologi; qualche esempio potrebbe essere rintracciato all'estero.
Ad ogni modo, un corso del genere sarebbe realizzabile solo a due condizioni. La prima è che i docenti fossero prevalentemente archeologi e tecnici di conclamata professionalità (collaboratori delle Soprintendenze, ecc.); la didattica potrebbe in quel caso avvalersi del supporto di scuole subacquee, limitatamente però agli aspetti relativi alla tecnica di immersione, alla sicurezza ecc. La seconda è che il corso fosse riconosciuto come professionale da enti preposti (Regioni, ecc.); perché ciò avvenga, devono essere proposti certi requisiti: qualità dei docenti, materie impartite, possibilità di esercitazioni pratiche~ e stages, una durata che in genere non scende sotto le 600 ore. Sempre con l'obiettivo di formare tecnici, non archeologi. Qualunque altra cosa è, nella migliore delle ipotesi, inutile.
abbiamo ricevuto dal Segretario dell'AIA Sub il seguente editoriale, archeosub.it rimane a disposizione per ulteriori interventi
Antiche subbacquerie
Editoriale de L'archeologo subacqueo anno VII, n. 2 (20), maggio-agosto 2001
Molti Lettori ricorderanno il programma satirico di RAI Due L'ottavo nano, andato in onda qualche tempo fa. Tra le tante chicche, una in qualche modo ci riguardava. Alla domanda «cosa le sarebbe piaciuto fare se non avesse fatto l'annunciatrice di Rieducational Channel?», la bionda Vulvia (un parruccatissimo Corrado Guzzanti), prorompeva rapita: «antiche subbaccquerie!». A cosa alludeva Vulvia? Senza dubbio alla tracimazione nei giornali e in televisione di servizi e scoop sull'archeologia subacquea; l'argomento fa audience, tanto da meritarsi gli onori della satira.
Che c'è di male a far circolare immagini e documentari? Certo nulla, anzi. La divulgazione, se è seria e rigorosa, se rispetta i ruoli, diffonde informazione e contribuisce a formare coscienza sulle possibilità culturali (con relativi indotti, anche turistici) dei mari e delle acque interne. Va assai meno bene quando fa leva sulle facili suggestioni, mettendo gli aspetti scientifici della ricerca in secondo piano, ed in evidenza l'immagine ad effetto, il commento semplicione. Come quando il conduttore televisivo ruspa nella sabbia e, con il suo trofeo in mano, annuncia trionfante: «ecco un reperto!» (è successo veramente). Si restituisce così un'immagine dell'archeologia subacquea tanto affascinante quanto falsa; soprattutto si lancia un messaggio sbagliato: «è bello e facile, puoi farlo anche tu».
Anche la divulgazione medica persegue scopi informativi; ma a nessuno verrebbe in mente di curare i bambini o di operare il nonno per aver visto una trasmissione televisiva. Tanto che i conduttori delle rubriche specializzate, a scanso di equivoci, puntualizzano «sotto il controllo del medico». Secondo qualcuno, invece, nell'archeologia subacquea il controllo del medico non serve. Archeologia subacquea "da banco", su cui tutti possono dire la loro, da tutti praticabile grazie a sempre più diffusi ambiguità e giochi di parole.
Ci è capitata tra le mani la rivista di turismo Isole & isole, che però nel n. 4 (marzo 2001) è - riteniamo inconsapevolmente - caduta in una trappola, pubblicando informazioni fornite da un intervistato ben determinato a farsi réclame. Infatti, a pagina 84, sorprende con un titolo: Brevetti di archeologo subacqueo. Leggiamo oltre: «Scendere nelle profondità marine alla ricerca dei vecchi relitti di navi affondate duemila anni fa, ritrovare e classificare un'anfora o un'ancora, ottenere alla fine un brevetto di archeologo subacqueo. Tutto questo si potrà fare ». Dove?, si chiederanno i nostri ventidue Lettori. A Pantelleria, presso un centro subacqueo a cui non intendiamo fare involontaria pubblicità. (Sorge spontaneo un pensiero di commiserazione per quei poveri sprovveduti degli archeologi: anni e anni a studiare all'Università, quando basta così poco per classificare anfore e vecchi relitti ).
Sono ormai numerose le scuole di immersione sportiva che offrono tra i brevetti la cosiddetta "specialità" di archeologia subacquea. Si tratta di onesti moduli didattici amatoriali, equivalenti ad altri, ad esempio "biologia marina", "fotografia", ecc.: si va a guardare o a fotografare l'ancora o il pesciolino, si imparano alcune nozioni di base ed ecco il sospirato brevetto sportivo, inutile sul piano pratico (non si diventa fotografi, men che meno si diventa biologi) ma testimonianza tangibile di una coinvolgente esperienza vacanziera. Intendiamoci, aggiungere alle immersioni il piacere di un'escursione archeologica (senza manomettere nulla, beninteso) è un'attività da incoraggiare; noi stessi abbiamo più volte auspicato che si giunga presto alla costituzione dei parchi archeologici subacquei, dove sia consentita la visita guidata. Senza però che nessuno pretenda di rilasciare patenti.
Il "corso" di Pantelleria lascia invece stupefatti: esso promette infatti - sfacciatamente - il «brevetto di archeologo subacqueo», che «offre tra l'altro la possibilità dell'inserimento nei concorsi per i Beni Culturali». Affermazioni gravi, di fronte alle quali ci si domanda: sono frutto di una disarmante ingenuità oppure di una meditata strategia? Giudichino i Lettori. Noi possiamo ricordare come sia ben noto (e ovvio) che il Ministero per i beni e le attività culturali riconosce per gli archeologi (terrestri e subacquei) solamente la laurea in Lettere o in Conservazione dei beni culturali, con indirizzo specifico. L'operazione Pantelleria equivale perciò a vendere il gioco del "Piccolo chimico" promettendo che si potrà essere assunti dall'ENEA o dal CNR.
E', insomma, chiaro che nessun corso tecnico, seppure serio e professionale, consente di qualificarsi come "archeologo" (il tema è stato approfondito nell'editoriale dello scorso numero). Quando si vende qualcosa, ciò che conta è la chiarezza sulla merce offerta: invece in questo campo proliferano le iniziative ambigue (vd. il servizio che segue). Sono gli effetti collaterali (e del tutto indesiderati) dell'ondata di "antiche subbaqquerie" che ci sta sommergendo, in cui qualche disinvolto sta fiutando l'affare. L'archeologia subacquea ha certamente bisogno di diffusione, ma non di questo commercio di illusioni.
Enrico Felici (Segretario dell'Associazione Italiana Archeologi Subacquei)
abbiamo ricevuto dal Presidente dell'AIA Sub il seguente editoriale che fornisce precisazioni circa i corsi professionali del Lazio e molte risposte alle domande di tanti lettori. Auspichiamo che da tali discussioni emerga una sinergia che faccia fare ulteriori passi in avanti nella formazione degli archeologi subacquei.
Vale la pena di leggere quanto scritto perché si parla ancora del passato, ma con un atteggiamento finalmente privo di polemiche, sintomo di una maturità che era ancora sconosciuta nel mondo degli archeologi subacquei italiani fino a qualche anno fa. Questo atteggiamento, assieme al riuscito IX International Symposium on Boat and Ship Archaeology di Venezia dove hanno parlato i fatti delle recenti ricerche, fa pensare che si sia consolidata una classe scientifica di livello europeo che, se saprà lavorare unita, potrà riuscire a creare una "scuola italiana" analogamente ad altri paesi.
NON SIAMO IDRAULICI !!!
- Anno VII, n. 1 (19), Gennaio - Aprile 2001 - Pubblicata su l'Archeologo Subacqueo
Chi di noi non ha avuto la necessità di ricorrere ai preziosi servizi di professionalità diverse, quali idraulici, meccanici, sarti, calzolai, ecc ? A volte, è vero, abbiamo provato a fare da soli, ma per cose di un certo impegno abbiamo dovuto richiedere l'intervento dello specialista. Ben più a ragione ciò comunemente avviene per altre professioni: nessuno si sognerebbe di farsi operare da un epigrafista, o costruire la casa da un archeologo, oppure difendere in tribunale, che so, da un botanico. Una naturale fiducia nelle istituzioni e negli organismi costituiti porta a dare credito a organizzazioni, associazioni, corporazioni, albi che hanno fatto della professionalità un elemento qualificativo. In Italia, ogni categoria che voglia avere credibilità mira dunque ad avere il massimo riconoscimento ufficiale, che comunemente consiste nell'istituzione di un albo professionale (mi dicono che in Parlamento giacciono centinaia di proposte di legge per le qualifiche più disparate, dai podologi ai sommeliers, dagli osteopati ai suonatori di corno inglese). Anche gli archeologi e gli storici dell'arte presentarono ormai molti anni fa una loro proposta, ma a differenza di altri - chissà perché - non ricevettero l'attenzione sperata. Ciò significa che chiunque può definirsi archeologo o storico dell'arte, ed operare come tale? Ovviamente no. Questi campi di studio, che hanno come presupposto necessario la frequenza di appositi corsi universitari, richiedono anni di approfondimento e di esperienze: per questo, mai ci si sognerebbe di far dirigere lo scavo di un villaggio preistorico, o il restauro del Mosè di Michelangelo, al primo venuto. Per fortuna l'attività archeologica in Italia è ancora saldamente nelle mani delle istituzioni pubbliche, che giustamente guardano con grande diffidenza a quanti (e sono più di quanto si pensa) credono che la montante marea liberista debba riguardare anche il settore dei beni culturali, e che chiunque possa mettere mano sul nostro patrimonio senza competenza e per finalità miranti (dietro a belle parole) al profitto privato. L'archeologia subacquea, invece, sembra avere un destino diverso. Confinata ad un ruolo marginale nelle attività ministeriali, è stata sempre considerata una sorta di terreno di nessuno, ove gli archeologi non intervenivano perché non in grado di operare sott'acqua, venendo così legittimato l'intervento di dilettanti, subacquei sportivi, sommozzatori dei diversi corpi dello Stato; con conseguenze, sotto il profilo scientifico, facilmente intuibili. Con notevole impegno, nel corso degli ultimi due decenni alcune Università italiane (presso le Facoltà di Lettere e di Conservazione dei Beni Culturali) hanno colmato questo vuoto, promuovendo la formazione e favorendo esperienze professionali di numerosi archeologi subacquei, presenti e operanti ormai in ogni regione. Ora avviene che alcuni privati, forse intravedendo nel settore un potenziale commerciale, stiano promuovendo corsi di formazione ("autorizzati" da organismi regionali!) che promettono il rilascio della "qualifica professionale di Archeologo Subacqueo" a laureati nelle discipline archeologiche. Queste iniziative aprono diversi interrogativi, in primo luogo circa il loro contenuto. |
I corsi hanno una durata di ben 600 ore (cinque - sei mesi di lezioni!), ma di tutto si occupano, meno che di archeologia subacquea. Si va dal potenziamento psicofisico (sic !), che si acquisirebbe in 20 ore, alle utilissime esercitazioni pratiche notturne, dalla meccanica degli erogatori all'anatomia umana, dalla respirazione artificiale e dal massaggio cardiaco alla criptica, ma evidentemente indispensabile, operatività in torretta di training, che per fortuna dei proseliti ci assicurano che si svolgerà anche a visibilità zero. Fin qui, comunque, tutto bene: si tratta evidentemente di un brevetto da sommozzatore professionale, probabilmente costoso ma magari utile nella vita. Ma come possono, allora, promettere la "qualifica di archeologo subacqueo"? Secondo l'ottica smaccatamente interessata di chi propone questi corsi commerciali, qualunque attività subacquea (da quella scientifica degli archeologi, a quella degli istruttori e delle guide) dovrebbe avere come requisito il possesso di un attestato di qualifica professionale di operatore tecnico subacqueo, alla stregua dei sommozzatori di servizio nei porti. Secondo questo falso (furbo) sillogismo, solo l'archeologo che frequentasse questo corso diverrebbe un "archeologo subacqueo". Ora è del tutto evidente che accomunare gli archeologi subacquei e i sommozzatori portuali costituisce una reductio ad unum assurda e ridicola. Noi archeologi subacquei non sappiamo, né vogliamo usare esplosivi e fiamme ossiacetileniche, né ci sogneremmo mai di proporci per la messa in posa di gasdotti o di lavorare sulle piattaforme petrolifere. Nessuna legge, del resto, impone agli archeologi e alle altre categorie menzionate l'obbligo del brevetto professionale da sommozzatore. Per svolgere in maniera corretta e in perfetta sicurezza attività archeologiche subacquee non è comunque affatto necessario essere stato un incursore della Marina Militare o diventare un "altofondalista": è più che sufficiente una seria preparazione di base, fornita dai migliori corsi di immersione disponibili sul mercato. Crediamo - per contro - che la professionalità archeologica &endash; acquisita in lunghi anni di studio e lavoro &endash; meriti altra attenzione e rispetto, essendo inaccettabili tentativi di intrusione e di prevaricazione (si badi bene, non di collaborazione!) da parte di altre categorie, che né nella formazione, né nella pratica lavorativa nulla di significativo possono fornire al nostro operato. In buona sostanza ribadiamo fermamente che la formazione degli archeologi subacquei, tanto a livello teorico che pratico, può e deve esclusivamente essere appannaggio delle strutture universitarie; al di fuori di queste sedi nessuno ha le qualifiche necessarie, neanche con l'avallo di pubbliche amministrazioni. Ogni iniziativa del genere è a nostro giudizio impropria, e rischia di essere fonte di seri fraintendimenti. FRANCESCO PAOLO ARATA - Presidente dell'Associazione Italiana Archeologi Subacquei |
Nota: Inviate e-mail firmate, ma in rete, senza esplicita autorizzazione, non daremo alcun nominativo e non verranno pubblicati insulti o frasi ritenute lesive agli interessi di archeosub.it o contrarie alla legislazione vigente
Le opinioni sono personali e non vincolano in alcun modo www.archeosub.it
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